(ANSA) – ROMA, 12 MAG – “Dopo il 2010 il mondo è cambiato”.
Parte da qui l’analisi del costituzionalista Stefano Ceccanti
sulla legge sulle unioni civili appena varata e già al centro di
polemiche e richieste di referendum. “Un referendum che ci
farebbe solo ripiombare nell’incostituzionalità”, afferma.
Perché il 2010 rappresenta un discrimine? “Perché è di
quell’anno la sentenza 138 della Corte Costituzionale sul
matrimonio tra persone dello stesso sesso. Prima di allora la
Corte era intervenuta solo sulle coppie di fatto eterosessuali.
Con la 138, invece, ha sì respinto l’ipotesi del matrimonio per
le coppie omosessuali, ma anche detto che serviva una disciplina
‘light’, diversa dal matrimonio, per le unioni omosessuali. Con
questa pronuncia, in sostanza, la Corte dichiarava che la
Costituzione è violata fino a che non c’è una norma sulle unioni
civili: in quella decisione c’è la chiave della legge di oggi,
che a mio avviso è ben ancorata e non pone problemi. Anzi, si
può dire sia stata scritta sotto dettatura della Corte: senza,
saremmo rimasti in una situazione di incostituzionalità. Né mi
sembra possano esserci ragionevoli dubbi sulla firma del
Presidente della Repubblica”.
Del resto, a chiedere di legiferare era anche la Corte di
Strasburgo. “Certo, ma ritengo che fosse ancora più stringente
l’istanza proveniente dalla Consulta, che si è pronunciata anche
nel 2014 con la sentenza 170″, stabilendo l’illegittimità del
divorzio imposto se uno dei due coniugi cambia sesso. “Le
sentenze della Corte – afferma Ceccanti – tratteggiano per le
coppie omosessuali lo stesso spettro di diritti delle coppie
etero. Il vero elemento distintivo è legato alla filiazione,
perché non sembra si possa arrivare ad un’adozione piena. Anche
quando di recente si è posto il tema della stepchild, che non è
un’adozione piena, si è lasciata la parola ai giudici ordinari”.
La stepchild, però, è restata fuori dalla legge. “Quella è una
questione tutta politica – risponde Ceccanti -. Rimanendo dentro
la Costituzione, la stepchild ci poteva stare, perché in quel
caso il bambino c’è già, non c’ è una violazione della Carta. Il
problema era la maggioranza con cui votare la legge. Se M5s
avesse seguito i suoi eletti, ci sarebbe stata la stepchild, ed
era l’ipotesi iniziale. Poi è arrivato un contrordine, M5S ha
pensato al proprio elettorato potenziale, specie quello in
movimento dal centrodestra, e ha detto no, con un ragionamento
di convenienza. A quel punto, per compattare la maggioranza di
governo attorno a un testo, la stepchild è saltata”.
Ora, contro la legge si profila il rischio referendum. “In
realtà – osserva il giurista – proprio perché ci sono quelle
sentenze della Consulta, un quesito di abrogazione totale
sarebbe dichiarato inammissibile dalla stessa Corte, che
riterrebbe violato l’art. 2 della Carta. Bisogna vedere se
possono essere ammissibili singoli quesiti su punti specifici.
Ma non si può eliminare in toto una norma del legislatore
derivata da sentenze della Corte”. Altro nodo sollevato è quello
delle pensioni di reversibilità col rischio che il sistema non
tenga. “Il Mef – fa notare Ceccanti – ha già stimato l’impatto e
lo ha fatto con una stima prudenziale calcolata al rialzo, cioè
ipotizzando che si registrino in Italia lo stesso numero di
unioni civili della Germania, circa 60mila: anche in quel caso
l’onere sarebbe basso”. (ANSA).
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