La legge sulla cittadinanza poteva essere approvata solo con la fiducia.
Tuttavia i voti per approvarla in Senato non c’erano perché metà del gruppo di Alfano non l’avrebbe mai votata (anzi, nel caso avrebbero utilizzato quella fiducia come scusa per tornare prima nel centrodestra facendo cadere subito il Governo) e neanche la Svp
Vi è ovviamente una domanda: ma non si poteva mettere la fiducia alla fine (e non si potrebbe ancora farlo spostando lo scioglimento), dato che comunque la legislatura è finita?
La risposta sta nello splendido pezzo di Lucrezia Reichlin: lo stallo istituzionale post-voto è lo scenario di gran lunga più probabile, nonostante il gioco non innocente di diffusione di sondaggi che darebbero il centrodestra sempre più forte e il Pd in crollo. Contraddetti da altri sondaggi sui livelli di popolarità alta dei ministri chiave del Governo, che saranno protagonisti in campagna elettorale e che quindi incideranno sull’esito; secondo Paolo Bellucci che lo ha commentato sull’atlante Sise di Repubblica se il Pd proietta su di sé l’immagine del Governo partirebbe nettamente in testa.
In questa situazione di stallo non è la stessa cosa che il Governo di questa legislatura possa proseguire per vari mesi della prossima senza essere stato sfiduciato. Al di là delle classiche categorie di ordinaria amministrazione e di disbrigo degli affari correnti, ormai ben poco utili nella realtà veloce ed integrata europea e mondiale, chi si troverà prorogato al Governo non potrà non prendere decisioni molto importanti, anche in connessione con l’Unione europea, quasi come se fosse nel pieno dei poteri. Mentre porrebbero proseguire per mesi difficilissime trattative per coalizioni spot-elettorali il non essere mai stato sfiduciato farà differenza.
Per questo l’ordinata conclusione della legislatura comporterà lo scioglimento a breve e il non tentare la fiducia.
Quanto alla legge sulla cittadinanza si tratta obiettivamente di una sconfitta, una delle poche di questa legislatura sul terreno dei diritti; ma nel 2007 fummo sconfitti male sui Dico (anche lì per mancanza dei voti, connessa ad alcuni giochi politicisti di chi, anche a sinistra, sabotando i Dico voleva impedire la nascita del Pd; peraltro in quella legislatura non combinammo quasi niente a differenza di questa) e comunque dieci anni dopo abbiamo avuto le unioni civili.
Chissà che non riusciamo a fare di meglio, magari in tempi più brevi, trovando soluzioni anche più efficaci e convincendo con queste proposte chi oggi non era convinto anche solo su alcuni aspetti, magari perché non ci eravamo spiegati bene o perché si poteva fare di meglio.
In ogni caso dalle sconfitte, in politica come nella vita, ci si deve sempre rialzare per risalire a cavallo, magari evitando nel frattempo di sparare su chi è nella sostanza d’accordo con noi. Almeno per Natale, tempo di nuove nascite, evitiamo il masochismo e il massimalismo: come spiegava il filosofo Landsberg ripreso da Emmanuel Mounier ripreso da Emmanuel Mounier) c’è un’importanza etica della battaglia per le “cause imperfette” e nel non ritrarsi rispetto alle prime difficoltà perché nello spazio in cui ci impegniamo le cause sono necessariamente limitate e imperfette e gli strumenti lo sono ancora di più, ma questo non sminuisce la loro importanza. E, soprattutto, il metodo, è quello dell’inserimento in un processo molecolare, condiviso in cui è “l’avvenimento il maestro interiore” e non il ribadire rigidamente il punto di partenza.
Ecco comunque la citazione puntuale di Mounier:
“Ci impegniamo sempre in lotte discutibili su cause imperfette. Rifiutare per questo d’impegnarsi sarebbe rifiutare la condizione umana…Lo scetticismo è pure una filosofia, il non intervento tra il 1936 e il 1939 ha generato la guerra di Hitler; e chi non fa politica fa passivamente la politica del potere in carica”