Correggere l’errore
Il testo della norma relativa all’elezione del Presidente rappresenta l’unico grande difetto della riforma. Nessuno dubita delle buone intenzioni, cioè sottrarre quell’elezione alla maggioranza pro tempore, sovrarappresentata dal premio di maggioranza (340 deputati e qualche decina di senatori, poco meno di 400). Il punto è che si realizza un rischio opposto e ben più grave. Nella Costituzione vigente dopo tre scrutini a due terzi si scende alla maggioranza assoluta. Se nulla fosse previsto e si restasse a tale soglia con 630 deputati e 100 senatori, ossia con 730 elettori, basterebbero 365 voti, raggiungibili dalla maggioranza. Qui invece dopo i primi tre si scende due volte: dal quarto al sesto basterebbero i tre quinti dei componenti, dal settimo i tre quinti dei presenti votanti. In realtà tutti i componenti votano: è un collegio che paralizza l’attività del Parlamento finché non elegge il Presidente. Vuol dire che serviranno comunque 438 voti, i tre quinti di 730.
I sostenitori della norma commettono un errore di fondo: la prima garanzia è data non dal quorum, ma dal voto segreto. Non è un caso se nessun leader di partito sia mai arrivato ad essere eletto. Cosa potrebbe avvenire? Trattandosi di un Presidente che è dotato, specie sulla nomina del governo e sullo scioglimento, di poteri formali superiori a tutti i capi di Stato non eletti direttamente, i gruppi di opposizione non vorranno concederlo alla maggioranza ma neanche quest’ultima sarà disposta a riconoscerlo all’opposizione. Il blocco sarà quindi lo scenario più probabile, con una lunga supplenza da parte del Presidente della Camera che il nuovo testo identifica in quel ruolo. Ancora peggiori sarebbero state altre proposte, soprattutto lo scioglimento anticipato del Parlamento non in grado di eleggere il Presidente: l’opposizione sarebbe incentivata a bloccare per prendersi una rivincita prima del tempo. Anche l’idea di affidare agli elettori un ballottaggio tra i due candidati più votati in Parlamento finirebbe per inserire un’elezione di mid term destabilizzando il governo. Ci potevano essere altre soluzioni, come un emendamento Cociancich che rendeva più flessibili gli schieramenti dando a ciascun elettore due voti. In ogni caso è importante che la riforma si approvi, poi ci sarà tempo fino al gennaio 2022, data della scadenza del Presidente Mattarella per correggere un errore.