Lezione 28. Il governo di minoranza spagnolo.
Dopo 315 giorni di impasse politico-istituzionale, il parlamento spagnolo è riuscito da circa un mese a dotarsi di un governo. Si tratta, però, di un governo di minoranza, una situazione in questi termini inedita nella Spagna post-franchista, che il prof. Vírgala ha definito “governo di minoranza autentico” rispetto ai tradizionali governi di minoranza in cui uìin realtà un partito era vicino da solo alla maggioranza assoluta e gli bastava qualche accordo minimo con uno o due partiti regionalisti. Si tratterebbe quindi di governi di minoranza apparenti.
Questo “governo di minoranza autentico”– reso possibile grazie all’astensione, in sede di investitura, del Partido Socialista Obrero Español (PSOE) – è presieduto da Mariano Rajoy, presidente del governo uscente, ed è sorretto dal suo Partido Pupular (PP), da Ciudadanos (C’s) e, in modo meno organico, da altri gruppi minoritari come il Partido Nacionalista Vasco (PNV) e la Coalición Canaria (CC). Essendo questa una situazione politico-istituzionale inedita per la Spagna, è molto difficile delineare dei possibili scenari evolutivi dell’intera vicenda. Tuttavia, una cosa è certa: i meccanismi costituzionali hanno retto davanti alla forte instabilità politica.
Un governo di minoranza, è per definizione un governo che non gode di maggioranza, e in Spagna può nascere, come è avvenuto infatti in seconda votazione, attraverso una maggioranza semplice. Per poterlo sfiduciare è necessaria la cosiddetta sfiducia costruttiva a maggioranza assoluta. Sfiducie costruttive sono state già promosse in Spagna (la prima da parte del PSOE nel 1980 e la seconda da parte del PP nel 1987) ma ambedue senza esiti.
La “prima prova” di questo governo sarà nei prossimi giorni la approvazione del Bilancio generale di previsione dello Stato. Tuttavia – come ha sottolineato il prof. Vírgala – non dovrebbero esserci problemi all’interno delle Cortes nell’esame e nel varo finale di questo bilancio. Infatti, l’art. 134, c. 6, prevede che “Ogni proposta o emendamento che comporti aumento dlle spese o diminuzione delle entrate di bilancio richiederà per aver corso l’accettazione del Governo”. Ciò significa che il governo può bloccare ogni modifica al Bilancio proposta da emendamenti circa le entrate e le uscite apponendo un veto. Con assoluta probabilità, sul Bilancio ci sarà l’appoggio del PNV e di CC, dunque non dovrebbero esserci problemi a raggiungere la maggioranza.
Potenzialmente vi sono altri problemi per questo governo. Innanzitutto, c’è la “questione catalana”. In catalogna, nelle passate elezioni “autonomiche”, hanno trionfato i nazionalisti, i quali hanno subito approvato all’interno del parlamento catalano una risoluzione in previsione di un referendum per l’indipendenza dalla Spagna. Questa risoluzione è stata ovviamente dichiarata incostituzionale per evidenti contrasti con la Costituzione spagnola, tuttavia il governo catalano non ha alcuna intenzione di mollare su questa questione che va assumendo sempre più dei connotati politici forti. Un secondo problema potrà essere relativo alla ricerca di consenso parlamentare “legge per legge”, soprattutto nei temi più delicati, come quelli, per esempio, di politica economica. Ma non solo, fra questi ci sarebbe anche in teoria la riscrittura di una legge elettorale. Tutti partiti, infatti, sono d’accordo sul fatto che bisognerebbe modificarla, ma ognuno di questi propone una modifica differente, chi in senso maggioritario (in primis, il PP) e chi in senso proporzionale (su tutti, Podemos e Ciudadanos).
Fino ad ora non si è manifestato nessun problema per partito del leader di governo, Mariano Rajoy, il quale anzi starebbe crescendo “strutturalmente” nei consensi, a danno del partito di Rivera, Ciudadanos. Inoltre c’è da considerare il fatto che Rajoy ha in mano un grosso potere, ossia quello di proporre al re in modo vincolante lo scioglimento anticipato delle camere. E in relazione a ciò, bisogna altresì considerare che al PSOE non converrebbe tornare a nuove elezioni, perché si trova nel bel mezzo di una grave crisi interna, per giunta in attesa di un nuovo congresso e col fiato sul collo da parte delle sinistre guidate da Podemos (l’avanzamento di Podemos nei sondaggi a danno del PSOE è di carattere “congiunturale”, secondo il prof. Vírgala).
Per attendere uno “show down” parlamentare del PSOE, ovvero che tipo di opposizione metteranno in campo i socialisti, bisogna attendere proprio l’esito del congresso, che momentaneamente non ha una data. Secondo il prof. Vírgala, un ritorno di Sánchez alla guida dei socialisti, è improbabile. È attualmente in auge il nome della leader del PSOE andaluso e Presidente di Regione Susana Díaz, la quale però, essendo di posizioni centraliste in tema di rapporti stato-autonomie non è ben vista del Partito socialista catalano, il PSC e da quello basco. I socialisti catalani rappresentano per il PSOE un problema non indifferente. Il PSC infatti, è l’unica federazione socialista spagnola staccata giuridicamente dal partito centrale, essendo di fatto, più che una federazione, un partito vero e proprio. Ciò che lega le due entità è un protocollo, il quale è in corso di rinegoziazione e di ciò si parla già da prima dell’investitura a Mariano Rajoy.
Anche Podemos ha in agenda un congresso, anche non considerandosi un partito, lo chiamerebbero piuttosto – dice il prof. Vírgana – un’assemblea generale. Questa assemblea sarebbe prevista per il 2017, potrebbe dare luogo a una sorta di “duello” fra le due anime di Podemos, Íñigo Errejón e Pablo Iglesias. Il primo, meno conosciuto fuori dalla Spagna, più moderato e possibilista, che punterebbe a dare al movimento un taglio più parlamentare. Il secondo, più populista, votato alla mobilitazione di piazza e allo scontro frontale con i partiti tradizionali.