Due le riflessioni da fare su liste e coalizioni.
La prima è sulla normativa di contorno.
La titolarità delle esenzioni dalle firme è irragionevole, ma questo dipende a catena dalla disciplina dei gruppi. Se questi, come ha opportunamente deciso il Senato nella recente riforma pro futuro, sono corrispondenti alle liste entrate in Parlamento a inizio legislatura, la cosa si spiega: la presunzione di rappresentatività è effettiva. Si esenta chi ha dimostrato di avere i voti. Se invece, come accaduto sinora, e come accadrà ancora alla camera, che non ha fatto la riforma, i gruppi si possono formare a prescindere da quel requisiti, si dà un’esenzione a chi non ha dimostrato di essere rappresentativo. Sarà quindi il caso di riformare a inizio legislatura il Regolamento della Camera.
Ovviamente siccome a questo punto nessuno deve raccogliere e la scadenza per le candidature è il 29, sarà inevitabile una crescita della conflittualità interna tra le liste piccole non coalizzate per le candidature proporzionali (ad esempio la lista Grasso ha un numero di uscenti che è il doppio degli entranti, prendendo per buone, ma niente affatto scontate, le previsioni migliori) e tra liste piccole e grandi nelle coalizioni minacciando mancati accordi per giocare al rialzo sui collegi uninominali. Obiettivamente inevitabile.
Dopo di che, però, sarà importante tornare subito alla realtà: essa ha un nome, Framania, come si legge bene sul Sole, in vari articoli precisissimi, ossia la nuova convergenza tra Francia e Germania. Noi cosa vogliamo fare, convergere o all’opposto spendere le varie decine di miliardi di euro a debito proposti di Di Maio cifrati da Alessandro Barbera su La Stampa, risparmiando però con lo smantellamento dei servizi interni come propone il brillante candidato del M5S Montanari, omonimo dello storico dell’arte?