Intervento di Stefano Ceccanti
Premessa: questo è un intervento più che una relazione perché non mi ritengo un esperto della materia, ma solo un interlocutore chiamato ad animare un dibattito. Il buon animatore, secondo una vecchia definizione che mi è rimasta in mente dai tempi dell’associazionismo, è colui che lavora per rendersi inutile per cui ritengo che il mio ruolo sia quello di stimolarvi a precisare meglio le vostre proposte più che a proporvene di mie. Ringrazio in particolare il dott. Valerio Di Porto e il prof. Fabio Giglioni per avermi fornito materiale utile.
- Basi solide riconosciute
Il ragionamento sulla difesa civica nazionale ha come sappiamo basi solide anche in chiave comparatistica. Non so se dobbiamo scomodare nozioni come quelle di “democrazia deliberativa”, talora caricata di aspettative messianiche e in ogni caso solo integrativa della democrazia rappresentativa. Però è vero che la via giudiziaria alla difesa dei diritti è ampiamente insoddisfacente e spesso funzionale più al protagonismo di forme di populismo giudiziario che non alla tutela effettiva dei cittadini. Proprio per questo, negli ultimi anni, sono proliferate le forme di mediazione e conciliazione, in funzione deflattiva del contenzioso giurisdizionale. Ebbene, in questa chiave andrebbe valorizzato al meglio il ruolo della difesa civica, che ha enormi potenzialità proprio in chiave di mediazione con le pubbliche amministrazioni e di conciliazione.
- Tra Scilla e Cariddi
Credo di capire che con queste basi solide riconosciute si corrano però rischi opposti: da una parte quello di una proliferazione di figure settoriali diverse e separate (per i diritti dei detenuti, per l’infanzia e l’adolescenza, per i diritti digitali) e dall’altra o l’accentramento in una stessa persona/autorità di troppe e variegate funzioni.
Nei materiali che ho visto mi è sembrato di cogliere che esistano già esperienze significative che evitano questi rischi opposti, come in Toscana e in Veneto oltre al coordinamento dei difensori civici regionali e provinciali guidato da Lucia Franchini.
- Tra scilla e Cariddi (di nuovo)
Un altro nodo da sciogliere riguarda la configurazione del difensore civico nazionale: deve limitarsi a funzioni di raccordo o deve essere dotato di poteri decisionali, autoritativi? Anticipando quanto dirò nelle conclusioni, credo che nel breve termine si debba puntare sul riconoscimento del Coordinamento nazionale; nel lungo periodo, si può e si deve ragionare in termini di vera e propria authority, dotata di poteri decisionali.
- Valorizzare le novità degli ultimi anni
Al di là degli addetti ai lavori si fa però ancora fatica a valorizzare le novità degli ultimi anni.
Anzitutto quelle conoscitive, con la presentazione alla Camera delle relazioni sulla difesa civica in Italia, grazie alla sponda con la Commissione parlamentare per la semplificazione, presieduta da Bruno Tabacci.
Quindi quelle normative, ossia:
- il decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97 (“Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33), che, modificando l’articolo 5 del decreto legislativo n. 33 del 2013, ha investito i difensori civici regionali e provinciali della possibilità di ricevere i ricorsi dei cittadini per il mancato accesso agli atti, con una “svista”. Il comma 8 prevede infatti che se il difensore civico non sia stato istituito, la competenza sia attribuita al difensore civico competente per l’ambito territoriale immediatamente superiore, che però manca e proprio questo è il problema. La Commissione parlamentare per la semplificazione, nel suo parere, aveva suggerito di fare riferimento al coordinamento nazionale, magari nelle more dell’istituzione di un vero e proprio ufficio nazionale;
- da ultimo, la legge 8 marzo 2017, n. 24, Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie (“Legge Gelli”), il cui articolo 2 attribuisce la funzione di garante per il diritto alla salute al Difensore civico regionale o provinciale. I primi tre commi recitano:
«1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono affidare all’ufficio del Difensore civico la funzione di garante per il diritto alla salute e disciplinarne la struttura organizzativa e il supporto tecnico.
- Il Difensore civico, nella sua funzione di garante per il diritto alla salute, può essere adito gratuitamente da ciascun soggetto destinatario di prestazioni sanitarie, direttamente o mediante un proprio delegato, per la segnalazione di disfunzioni del sistema dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria.
- Il Difensore civico acquisisce, anche digitalmente, gli atti relativi alla segnalazione pervenuta e, qualora abbia verificato la fondatezza della segnalazione, interviene a tutela del diritto leso con i poteri e le modalità stabiliti dalla legislazione regionale».
- Il punto di caduta più importante
L’obiettivo immediato e prioritario dovrebbe essere quello di rimediare alla lacuna individuata.
Le strade possono essere due. Quella di lungo periodo è senz’altro l’istituzione della struttura centrale su cui il Coordinamento ha anche predisposto una proposta convincente contenuta nella Relazione 2014/2015 che forse andrebbe anche sottoposta alle forze politiche nazionali in occasione dei dibattiti programmatici delle elezioni politiche per capire in quale misura esse sono disponibili a farsene portatrici.
Quella di breve periodo, a costo zero, potrebbe intanto essere il riconoscimento e la strutturazione del Coordinamento presso la Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative regionali e delle Province autonome.