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TALICUM SISTEMA DEL GHE PENSI MI?
MA DOVE LO VEDI, CARO PIERLUIGI?
Ma come si possono dire tante enormità sull’Italicum, nella versione 2.0, approvata dal Senato e ora all’esame della Camera? Leggo che Pierluigi Bersani è arrivato a definirlo “il sistema del ghe pensi mi”. Ma dove, di grazia? Immaginiamo che l’Italicum venga approvato così com’è, insieme alla riforma del Senato. E che nel 2018 sia ancora il Pd, guidato da Renzi, a vincere le elezioni. Per ritornare a Palazzo Chigi, Renzi avrà dovuto: 1. Rivincere il congresso del Pd, prima tra gli iscritti e poi tra gli elettori; 2. Vincere le elezioni, o al primo turno (se il Pd avrà preso almeno il 40 per cento dei voti) o al ballottaggio, battendo il candidato alternativo, sul quale potrebbero convergere tutti o molti degli altri. Vinte le elezioni (speriamo), grazie al nuovo sistema Renzi potrà contare su una maggioranza alla Camera di 340 deputati su 630. Almeno 240 dei 340 saranno stati eletti con le preferenze, mentre al massimo 100 saranno stati eletti con un meccanismo simile a quello dei collegi uninominali proporzionali, cioè con il nome scritto ben visibile accanto al simbolo del Pd. Nessun elettore potrà dire di non aver partecipato alla scelta dei deputati del suo collegio: uno lo ha scelto insieme al simbolo del partito, come avviene con l’uninominale, gli altri li ha selezionati col meccanismo delle preferenze. In ogni caso, la stragrande maggioranza degli eletti del Pd saranno arrivati a Montecitorio non perché scelti da Renzi, ma perché votati dagli elettori. Tornando a Palazzo Chigi, Renzi non troverà nessun “superpotere”: il suo governo resterà appeso alla fiducia della maggioranza della Camera (ma non più anche del Senato, che non darà più la fiducia ai governi); questo significa che basterà una trentina di deputati del Pd a far ballare il governo, altro che uomo solo al comando! Gli attuali contrappesi al potere del governo resteranno peraltro identici, o saranno stati addirittura rafforzati: il Renzi 2 continuerà a dipendere dal consenso del Quirinale su nomina dei ministri, presentazione dei decreti, ecc. Il presidente della Repubblica inoltre (quando, nel 2022, si porrà il problema della successione a Mattarella) dovrà essere eletto con il 60 per cento e non più la sola maggioranza assoluta dei grandi elettori. Insomma, caro Pierluigi, dove lo vedi il sistema del ghe pensi mi? Non sarebbe meglio riconoscere che la riforma è una buona riforma, che adotta soluzioni tutte discutibili e criticabili, ma tutte nell’alveo della democrazia parlamentare? E che la materia del contendere tra di noi è limitata e modesta, comunque opinabile: insomma è materia tipica da confronto interno al partito e ai gruppi, decisione a maggioranza negli organismi e poi voto compatto nelle commissione e nelle aule parlamentari? Contenti, tutti insieme, di aver fatto il nostro dovere di riformisti: aver lasciato le cose un po’ migliori di come le avevamo trovate?
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    Sono d’accordo con il contenuto dell’articolo, ma aggiungerei uno spunto di riflessione. La vera innovazione rivoluzionaria dell’Italicum sta nel premio alla lista invece che alla coalizione, che avrà un effetto deflagrante sulla politica italiana, molto maggiore di quanto possano le percentuali di candidati bloccati e/o eletti con le preferenze.
    Significa che la dialettica democratica che di solito siamo abituati a vedere all’interno di una coalizione di maggioranza, si sposterà dentro il singolo partito. Ora il problema non si pone se vince un partito come il PD abituato ad avere una dialettica al proprio interno, come vediamo bene anche in queste ore. Il problema si pone semmai dovessero vincere partiti o movimenti che hanno un leader “padrone” e che come tali non sono scalabili. Partiti o movimenti in cui chi non è d’accordo con il capo finisce fuori (e non c’è bisogno di far nomi o esempi).
    Per questo sarebbe molto molto opportuno che in parallelo all’approvazione dell’Italicum si lavorasse per una legge sui partiti che garantisca le dinamiche democratica all’interno dei partiti stessi. La stessa scelta delle candidature “bloccate” sarebbe molto problematica se una legge garantisse che la scelta dei candidati possa emergere da un processo democratico all’interno di un partito, che tenga debitamente conto di tutte le componenti del partito stesso, piuttosto di correre il rischio che all’interno di un partito ci sia un “capo/padrone” che possa nominare ad libitum un centinaio di eletti “sicuri”.

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