Sulla tragica vicenda di Giovanni Lo Porto, la versione ufficiale di Obama e Renzi è quella che, almeno finora, mi convince di più: 1) l’uccisione del nostro cooperante, insieme all’altro ostaggio, il cittadino statunitense Warren Weinstein, è stata il frutto di un fatale e colpevole errore dell’intelligence Usa, che non aveva capito che in quella casa, insieme ai quattro jihadisti, c’erano anche i due sequestrati; 2) ci sono voluti mesi per capire prima e poi accertare questa terribile circostanza; 3) la dolorosa certezza si è avuta solo mercoledì 22 aprile scorso, dunque cinque giorni dopo la visita di Renzi alla Casa Bianca, e immediatamente Obama lo ha comunicato alla famiglia di Weinstein e al premier italiano, chiedendo scusa e assumendosi la responsabilità dell’accaduto. Quando ci sono di mezzo gli “arcana imperii” è sempre giusto dubitare e diffidare. Nel caso degli organi di stampa, è perfino doveroso farlo. Ma nessuna delle ricostruzioni alternative proposte fin qui appare convincente. Se Obama avesse avuto le prove della tragica uccisione dei due ostaggi prima della visita di Renzi a Washington, perché avrebbe dovuto nascondere la terribile verità dei fatti, peraltro per pochi giorni, sia all’Italia che, soprattutto, all’opinione pubblica americana? Per non guastare il clima festoso del vertice con Renzi, si è detto, un vertice nel quale peraltro Obama avrebbe dovuto chiedere all’Italia un rinvio del ritiro di ciò che è rimasto del suo contingente in Afghanistan. Possibile, certo: naturalmente a patto di considerare il rapporto con l’Italia più importante per Obama di quello con la sua opinione pubblica… Ma, anche in questo improbabile caso, questa ricostruzione appare tutt’altro che plausibile: dovendo scegliere se rendere pubblica la tragica notizia qualche giorno prima o qualche giorno dopo la visita, è evidente che la seconda ipotesi presenta molte più controindicazioni. Meglio, molto meglio anticipare i problemi e costruire il lieto fine, piuttosto che rovinare la festa, come è di fatto accaduto, con brutte notizie successive. Ancor meno plausibile è l’altra ricostruzione, speculare alla prima, secondo la quale Obama avrebbe taciuto, e poi comunicato solo in un secondo momento, la notizia delle due uccisioni, per scarso riguardo all’Italia e al suo premier, che dunque, a Washington, non conterebbero nulla. Anche questa tesi trascura il particolare, tutt’altro che insignificante, che gli ostaggi erano due, uno certamente italiano, ma l’altro, altrettanto certamente, americano. E dunque, secondo i sostenitori di questo punto di vista, il presidente degli Stati Uniti avrebbe taciuto un fatto così rilevante all’opinione pubblica americana, per… scarsa considerazione dell’Italia? Non è ragionevole. Come non è ragionevole il malcelato compiacimento che traspare dai commenti di molti editorialisti o esponenti politici di sinistra (quelli di destra, come è ovvio, fanno il loro mestiere), per il passaggio difficile e doloroso che hanno dovuto affrontare Obama e Renzi. Ma questo è un altro discorso, quello sul celebre, confuso e felice, autolesionismo culturale e politico della sinistra italiana
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