di Alessandro Barbera La Stampa, 26 gennaio 2015 Secondo il costituzionalista Stefano Ceccanti le toghe hanno supplito alla politica durante il terrorismo e Mani Pulite, ma adesso va recuperato l’equilibrio tra le istituzioni. Professor Ceccanti, i rapporti fra politica e magistratura sono ai minimi termini. Siamo di fronte ad un corto circuito istituzionale? “Non c’è dubbio. E il punto di massima frizione ha a che vedere con l’indagine sui presunti rapporti Stato-mafia. Non tanto per il fatto di aver chiamato a deporre il presidente della Repubblica, ma per quanto accaduto prima”. Ovvero? “Ad un certo punto la Procura di Palermo decise che le telefonate erano utilizzabili perché – questa la tesi – essa stessa aveva il potere di decidere quando il presidente agiva o meno all’interno delle sue funzioni, interpretate unilateralmente in senso restrittivo: di fatto lo stravolgimento del dettato costituzionale”. C’è stato un accanimento nei confronti di Napolitano? “Nulla accade per caso. Una parte della magistratura aveva individuato in lui la massima autorità politica in carica. E in effetti è quel che è accaduto fra il 2011 e il 2012, quando Napolitano fu costretto dagli eventi a ricoprire quel ruolo. Quando c’è una maggioranza che funziona, gli attacchi della magistratura sono rivolti al governo. Oggi c’è un presidente del Consiglio che vuole riportare l’equilibrio fra i poteri dello Stato alla sua fisiologia e un pezzo della magistratura si oppone”. A cosa dobbiamo il cortocircuito? “C’è una corrente di pensiero – lo chiamerei di populismo giudiziario – per cui l’interprete vero del corpo elettorale, e più in generale della Costituzione, è la magistratura”. La genesi dello scontro è nel potere di supplenza iniziato nel 1992? “Dal Dopoguerra sono due i periodi di supplenza della magistratura verso la politica: negli anni del terrorismo e con Mani pulite. Ora si cerca di farla vivere al di là delle ragioni obiettive di quei periodi. Se posso aggiungere, vedo nei miei colleghi costituzionalisti una certa timidezza nel denunciarlo: sta a loro difendere la logica dell’equilibrio tra i poteri”. Come se ne esce? “Approvando la riforma istituzionale ed elettorale. Ma non una riforma qualsiasi, bensì una capace di assicurare governi di legislatura”. Il fatto che Renzi non sia stato eletto direttamente è un problema? Per essere coerenti con quel che dice bisognerebbe votare. “È il primo leader dai tempi di De Gasperi ad avere insieme, e in modo non episodico, il ruolo di capo del governo e del partito di maggioranza. In passato è successo solo, per piccole parentesi, a De Mita e Fanfani”. Secondo alcuni la soluzione è la riforma della Giustizia. “Non facciamo confusione. Quella serve a far funzionare meglio un servizio per i cittadini: oggi costa molto e funziona male. L’equilibrio tra i poteri lo realizzano l’Italicum e la riforma costituzionale. Sulla riforma della Giustizia c’è un veto corporativo della stessa magistratura, sulle riforme istituzionali obiezioni contrarie a trovare il giusto equilibrio fra i poteri”.
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