Le mie ragioni per il SI’
Oreste Massari
Probabilmente una decisione lineare e coerente con le posizioni assunte nel passato sulla forma di governo (contrarietà al cosiddetto premierato forte), sul sistema elettorale (contrarietà ai premi di maggioranza e all’uso esagerato dell’ingegneria elettorale), e più in generale sull’idea di democrazia (contrarietà a una visione rousseauiana della democrazia “direttista” che di fatto svuota ed emargina tutti i corpi intermedi, dagli stessi partiti ai sindacati, all’associazionismo) avrebbe dovuto portare chi scrive a esprimersi per il NO.
Ma non sempre le scelte lineari e coerenti sul piano astratto della dottrina, sono le più opportune sul piano della responsabilità politica. Non senza dubbi e incertezze, alla fine all’etica della convinzione chi scrive ha scelto l’etica della responsabilità, seguendo in questo la posizione di quei personaggi, come Giovanni Bazoli e Massimo Cacciari, che pur valutando criticamente molti aspetti della riforma, concludono che respingerla – al punto in cui stanno le cose – crea più danni che approvarla.
Del resto, per venire al merito, la critica più diffusa alla riforma non è solo e tanto la critica al contenuto della riforma costituzionale (ovviamente c’è anche questo), ma la critica al “combinato disposto” tra riforma e sistema elettorale dell’Italicum, giacché proprio questo combinato disposto creerebbe le condizioni di un potere eccessivo in capo al leader/primo ministro del partito vincitore.
Credo che di fronte a tale argomentazione bisogna separare e “discernere” (come qualcuno propone) i giudizi. La riforma non tocca la forma di governo, se non per l’abolizione del bicameralismo paritario, e questo è senz’altro positivo, in quanto necessario per la governabilità. E l’Italicum non è oggetto del referendum. Ed è bene che – quale ne sia il giudizio, e il mio è negativo – resti fuori dalla valutazione sulla decisione referendaria. La riforma in molti punti è pasticciata e scritta male (modalità di elezione dei senatori, procedure legislative, funzioni del nuovo Senato ecc. ), ma ha anche molti aspetti estremamente positivi (a mio avviso il più positivo è proprio la correzione dei guasti provocati dalla riforma federalistica del 2001 e la rivalutazione del centro a fronte di un regionalismo invadente e spendaccione, ma altri aspetti positivi sono la riduzione del numero dei senatori, l’eliminazione del CNEL, la nuova normativa referendaria e così via). Messi sul piatto della bilancia, a mio avviso i vantaggi superano i difetti.
Sono contrario all’Italicum, ma non credo che porti a un potere autoritario personale (come ha affermato ancora una volta Eugenio Scalfari di recente in un confronto con Renzi). Il premio di 340 seggi non è tale da produrre tale potere. Bastano 25 deputati (la maggioranza è di 316) per mettere in crisi la maggioranza e il governo. E nessun partito italiano di oggi che ottenesse il premio o al primo turno o al ballottaggio può essere talmente disciplinato da evitare dissensi in un gruppo di 340. Il pericolo è, semmai, proprio l’opposto. Non un novello cesarismo, ma frammentazione e caos. Avendo provato il Mattarellum, poi il Porcellum, è bene che proviamo anche l’Italicum, in modo da verificare sul campo se questa particolare soluzione del premio alla lista unica funzionerà o meno, o non bisognerà cercare altre strade, sia elettorali sia costituzionali (come personalmente credo). Ma per verificare ciò – e se dovesse funzionare, tanto meglio – è bene che il referendum passi. Ma al di là della legge elettorale, che comunque si può sempre cambiare con legge ordinaria, la riforma costituzionale merita di essere approvata, proprio perché rappresenta un grosso passo in avanti nel superamento di un bicameralismo anacronistico e causa sicura d’ingovernabilità permanente (come hanno dimostrato le elezioni del 2013). Se non ora, quando?
Se poi la questione da decidere dovesse essere non la riforma costituzionale in se stessa, ma l’atteggiamento verso il governo e la persona di Matteo Renzi, allora non avrei il minimo dubbio per il SI. Al di là di tutte le critiche che si possono fare al governo Renzi (improvvisazione, sciatteria, politiche economiche troppo basate sui bonus ecc.), resta il fatto che l’azione di Renzi in Europa per contrastare la politica tedesca dell’austerità è stata sacrosanta e utilissima, così come le sue posizioni sull’immigrazione per nulla hanno ceduto all’intolleranza, al cinismo e al calcolo elettoralistico. Non so se Renzi si appresti a essere un nuovo Cesare democratico, so che finora la sua leadership, pur tanto criticabile in tanti punti, è sinceramente democratica e come tale un baluardo verso i nuovi populismi demagogici di destra e quando non di destra confusionari e per ciò stesso pericolosi.
Roma, 14-6-2016