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Nonostante quello che sostiene oggi Luciano Violante su La Stampa, il testo della Commissione degli esperti del Governo Letta era ben più forte del combinato disposto delle attuali riforme
Non si comprendono le ragioni per le quali Luciano Violante oggi sulla Stampa voglia segnare una discontinuità tra le proposte di riforma della Commissione che ha coordinato insieme al ministro Quagliariello rispetto a quelle che sostiene ora la maggioranza.
I testi, infatti, specie su legge elettorale e forma di governo sono quanto mai chiari. Vi erano due proposte di partenza: una semi-presidenziale alla francese ed una parlamentare più debole. Il largo consenso, a cui apposero una riserva solo quattro commissari (Cheli, Onida, Olivetti e Dogliani) fu poi realizzato su una proposta di legge elettorale a maggioranza garantita e su una forma di governo del Primo Ministro che appare obiettivamente più forte di quella realizzata dal combinato disposto delle attuali riforme. Altrimenti da cosa si sarebbero dissociati i quattro colleghi?
Ecco qui i passaggi-chiave della relazione:
• Alla luce di queste considerazioni, nel corso della discussione in Commissione è emersa una proposta, “forma di governo parlamentare del Primo Ministro”, accompagnata da una coerente legge elettorale (v. cap. V), sulla quale sono confluiti componenti che avevano sostenuto l’una o l’altra ipotesi. Si tratta di una forma di governo ed una legge elettorale che facciano emergere da una sola consultazione degli elettori la maggioranza parlamentare e l’indicazione del Presidente del Consiglio, in modo da incorporare la scelta del leader nella scelta della maggioranza. Tale ipotesi sembra in grado di valorizzare sia le istanze di radicamento sociale e organizzative della politica sia le istanze di efficienza e di stabilità. Allo stesso tempo, riconoscendone il valore centrale per un sistema politico ben equilibrato, tale opzione si propone di preservare il ruolo di garanzia e di arbitrato del Presidente della Repubblica e restituire al Parlamento il ruolo e le responsabilità perdute. Il complesso delle proposte delinea quindi una via distinta tanto dal modello semipresidenziale quanto da quello parlamentare razionalizzato. Ispirandosi a questa prospettiva, si potrebbe prevedere che: a) il Presidente della Repubblica nomini il Primo Ministro sulla base dei risultati delle elezioni per la Camera dei Deputati, le quali si svolgono con un sistema elettorale che
• colleghi al deposito di ciascuna lista o coalizione di liste l’indicazione della personalità che la lista o la coalizione candiderebbe alla carica di Primo Ministro; b) il Primo Ministro nominato dal Presidente della Repubblica esponga alla Camera il proprio programma chiedendone l’approvazione con voto per appello nominale; c) il Primo Ministro proponga al Capo dello Stato la nomina e la revoca dei Ministri; d) il Primo Ministro possa chiedere, come già ricordato, il voto a data fissa dei disegni di legge del governo; e) il Primo Ministro possa essere sfiduciato solo con una mozione di sfiducia costruttiva sottoscritta da un quinto dei componenti della Camera e approvata con la maggioranza assoluta; f) per evitare che conflitti tra il Presidente del Consiglio e una maggioranza consolidata attraverso un premio di maggioranza, implicito o esplicito, possano introdurre nel sistema inopportuni fattori di instabilità, si possono prevedere alcuni specifici meccanismi istituzionali, peraltro contemplati in altri regimi parlamentari razionalizzati, come Spagna e Germania. In particolare, occorre regolare il rapporto intercorrente tra la richiesta di scioglimento da parte del Presidente del Consiglio e la possibilità della Camera di approvare una mozione di sfiducia costruttiva con l’indicazione di un nuovo Presidente Secondo alcuni componenti della Commissione occorrerebbe prevedere meccanismi di più intensa razionalizzazione prevedendo che il Primo Ministro possa chiedere e ottenere lo scioglimento della Camera e che la richiesta precluda la presentazione di una mozione di sfiducia costruttiva. Altri componenti invece ritengono che sia preferibile attribuire alla Camera il potere di paralizzare la richiesta di scioglimento attraverso la l’approvazione di una mozione di sfiducia costruttiva; g) una procedura analoga dovrebbe essere seguita quando il PdCM pone la questione di fiducia su un determinato provvedimento e non la ottiene,,
• Le proposte non possono prescindere dal fatto che ormai gli elettori, da ben venti anni e sei turni elettorali (1994, 1996, 2001, 2006, 2008, 2013), nel momento in cui votano, conoscono il nome dei candidati alla presidenza del Consiglio dei Ministri, come peraltro accade in tutte le democrazie parlamentari. Il voto per la coalizione o per il partito costituisce pertanto anche una indicazione politicamente vincolante relativa al candidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Questo effetto è stato prodotto dalla prassi, assunta da quasi tutti i partiti, di porre il nome del proprio candidato alla Presidenza del Consiglio sul simbolo elettorale, ma è ormai indipendente da questa particolarità: infatti anche le coalizioni che hanno rinunciato a indicare sulla scheda il nome del loro candidato alla presidenza del Consiglio sono solite indicare con chiarezza quel nome agli elettori e ai mezzi di comunicazione. D’altra parte, le più recenti sfide elettorali hanno coinvolto direttamente e senza infingimenti i due candidati alla guida del Governo. Sino ad oggi, al momento del conferimento dell’incarico per la formazione dell’Esecutivo, dopo le elezioni, i Presidenti della Repubblica non si sono discostati dalla designazione di colui che la coalizione vincente aveva indicato come candidato. La chiarezza sull’identità dei candidati alla guida del Governo non equivale necessariamente ad una semplificazione personalistica della competizione politica. La personalità del candidato alla guida del Governo è importante in una fase storica nella quale la globalizzazione dell’economia e della finanza, insieme alla moltiplicazione dei centri decisionali e dei livelli di governo, ha accentuato fortemente la variabilità dei fattori che determinano le scelte politiche. Ha assunto maggiore risalto la personalità dei candidati. Il rischio di un eccesso di personalizzazione della politica e di curvature autoritarie non si corre quando i candidati sono sostenuti da forze politiche organizzate che hanno un loro radicamento nel Paese, quando il Parlamento è autorevole e quando le regole istituzionali sono inserite in un disegno complesso, caratterizzato dall’intreccio di molteplici pesi e contrappesi. Per il conseguimento di questi obbiettivi può rivelarsi decisivo un nuovo costume politico, piuttosto che specifiche misure normative,,,
• Particolarmente coerente con l’ipotesi del governo parlamentare del primo ministro appare un sistema elettorale di carattere proporzionale con clausola di sbarramento rigorosamente selettiva (5%), con premio di maggioranza che porti al 55% dei seggi il partito o la coalizione vincente che abbia superato una determinata soglia,,
• In ogni caso, al vincitore al primo turno che abbia superato la soglia va attribuito il 55% dei seggi della Camera, a meno che non l’abbia già superato… Il turno di ballottaggio, eventuale, avrebbe il pregio di riunificare tutte le componenti dei partiti o delle coalizioni che concorrono per la conquista del premio di maggioranza, attorno ad una unica proposta politica e ad una sola candidatura. Dovrebbe peraltro essere previsto che le coalizioni non si modifichino tra primo e secondo turno..

In conclusione, quindi, si può dire che mentre le proposte odierne non toccano gli articoli relativi alla forma di governo, viceversa il testo della Commissione le ritoccava in senso più favorevole al Presidente del Consiglio e al Governo. Già la proposta della mozione costruttiva ricordata da Violante, rendendo più difficile la sfiducia, rafforzerebbe ulteriormente il Governo. Idem le ulteriori proposte della Commissione sul potere di chiedere lo scioglimento e la revoca dei ministri. Se quindi una differenza c’è, essa va nel senso di una maggiore incisività delle proposte della Commissione rispetto a quelle dell’attuale maggioranza.

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  • lordparamount
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    Il problema dell’Italicum è che l’unica ragione per cui sembra sia da votare è che non c’è un governo stabile per Costituzione.
    Ma se la forma di governo fosse quella di altri paesi europei, gli stessi che oggi invitano a votarlo convintamente direbbero che è incostituzionale.

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