Cari colleghi,
da giorni vengo indicata come l’ago della bilancia per la delicata decisione che la Giunta si accinge ad adottare: non so se questo sarà vero, ma comunque, sento su di me una grande responsabilità istituzionale e politica. Anche se, devo dire, che la questione è del tutto sopravvalutata e questa sopravalutazione della modalità di votazione tende purtroppo ad accreditare presso l’opinione pubblica l’idea, sicuramente infondata ma certo molto negativa, che il voto segreto possa nascondere torbide manovre. Tanto che, molto opportunamente e del tutto comprensibilmente, il Presidente Berlusconi ha ieri invocato il voto palese .
Vista anche la particolare responsabilità che viene fatta gravare su di me ho approfondito e sceverato il tema, anch’io con assoluta umiltà Presidente Nitto Palma, anche utilizzando la mia modestissima esperienza di funzionario parlamentare. Con la piena consapevolezza del ruolo della Giunta e dell’autonomia dei singoli componenti.
Preliminarmente, a commento della interessante disamina storica svolta dalla relatrice – che ringrazio insieme al relatore Russo per la ricchezza degli elementi che ha portato alla riflessione – in epoca repubblicana l’orientamento istituzionale si è evoluto da una netta preferenza per il voto segreto (quale strumento di protezione del parlamentare dal controllo e dall’invadenza di un potere autoritario vuoi del Governo, vuoi dei partiti) verso una limitazione dell’area del voto segreto ristretta alle decisioni rientranti nella sfera della libertà di coscienza, decisioni da sottrarre alla disciplina di partito (comma 4, art. 113), ovvero alle decisioni su persone che in quanto coinvolgenti valutazioni discrezionali su fatti in nome dei quali altri poteri possono limitare o condizionare l’esercizio delle prerogative del singolo parlamentare; ovvero, ancora, quando sono in gioco, come nelle elezioni a schede, valutazioni che attengono alle qualità professionali o morali di candidati a cariche di competenza parlamentare. La progressiva restrizione dell’area del voto segreto, culminata con la riforma del 1988, si è sviluppata insieme alla crescente richiesta di trasparenza e di accountability delle decisioni politiche da parte dell’opinione pubblica.
E questo processo conferma la saggezza di non aver costituzionalizzato il voto segreto ma di avere demandato la relativa disciplina ai regolamenti parlamentari, strumenti più flessibili e adattabili ai mutamenti della cultura politico-istituzionale.
Nel caso di specie:
1) Il Senato è chiamato ad applicare per la prima volta la legge Severino in materia di decadenza, istituto non disciplinato dalla Costituzione e, per quanto concerne i regolamenti parlamentari, trattato dall’articolo 2, comma2, del Regolamento della Giunta delle elezioni della Camera. La deliberazione sulla decadenza rientra nella categoria delle deliberazioni in materia di ineleggibilità e di incompatibilità ma non è identificabile con esse in quanto da queste le distingue il carattere di mero accertamento della sussistenza di un fatto presupposto. A parziale differenza delle deliberazioni in materia di ineleggibilità e di incompatibilità che coinvolgono una valutazione dei fatti presupposti.
2) Per quanto riguarda le deliberazioni teoricamente assimilabili alla decadenza, specificamente trattate dall’articolo 135 ter del Regolamento del Senato, non vi è una specifica norma regolamentare in ordine alla modalità di votazione. E’ stato quindi applicato in via di pura prassi, senza neppure un fondamento interpretativo, l’articolo 113 del Regolamento, facendo rientrare tali deliberazioni tra quelle riguardanti persone, per le quali è previsto il voto segreto.
3) Il punto su cui oggi dobbiamo interrogarci non riguarda in generale l’applicazione dell’articolo 113 ma è se la deliberazione prevista dalla Severino abbia ad oggetto la persona ovvero la legittimità delle condizioni personali del singolo senatore ai fini dell’appartenenza all’Assemblea, condizioni dalle quali dipende anche la legittima composizione del Senato. Se, quindi, come diceva Bruno, siamo dentro o fuori l’art. 113. E proprio la sentenza della Corte d’Appello di Milano di cui ieri si è discusso ribadisce che la decadenza prevista dalla Severino attiene allo status del parlamentare.
4) Tale questione, e cioè quale sia la natura e l’oggetto della deliberazione in materia di decadenza, nell’ambito dell’ordinamento parlamentare è affrontata in modo diretto, come si è detto, solo dal Regolamento della Giunta delle elezioni della Camera che, all’articolo 2, comma 2 stabilisce che le deliberazioni nelle materie suddette (cioè ineleggibilità, incompatibilità e “decadenza”) “non costituiscono votazioni su persone”. Ne discende, continua la medesima disposizione Reg.G.Elez. Camera, che esse sono assunte a scrutinio palese . Sia il Regolamento della Camera, che quello del Senato, prevedono come si è detto che il voto segreto si applichi alle votazioni riguardanti persone. Il Regolamento del Senato, come ha ricordato ieri il Presidente Donato Bruno, aggiunge un “comunque”, che ovviamente va riferito a tutte le fattispecie in cui ricorra il presupposto della votazione su persone. Ora è pur vero che tale qualificazione delle votazioni in materia di decadenza è inserita in una norma del Regolamento della Camera, ma è altrettanto vero che l’ordinamento parlamentare, pur nella differenziazione tra Camera e Senato, ha una sua unitarietà di principi fondamentali e che, quindi, le norme del Reg. Camera, specie in assenza di norme positive del Reg. Senato ( e abbiamo visto che l’art. 135ter nulla dice al riguardo), non può non essere utilizzato come una chiave ermeneutica anche per il Regolamento del Senato. (art.12 delle preleggi)
5) La prassi al Senato nei casi assimilabili alla decadenza è prevalentemente nel senso del voto segreto.
6) Tuttavia l’applicazione del voto segreto su deliberazioni riguardanti persone non è stata uniforme ed assoluta: infatti le dimissioni dei senatori, dove sarebbe ben più forte l’esigenza di garantire l’autonomia e la libertà del voto del singolo senatore, furono votate a scrutinio palese fino al 1990 . A partire da quella data si mutò la prassi votando a scrutinio segreto le dimissioni non dovute a incompatibilità o ineleggibilità ma ad “altre” ragioni personali: e ciò avvenne senza che fosse mutata o esplicitata la disposizione di cui all’art.113, comma 3. Così come il mutato orientamento in materia di autorizzazione a procedere e alla limitazione delle libertà personali di cui al parere del ’93. Ne discendono due considerazioni a mio avviso molto importanti ai nostri fini: la prima che l’articolo 113, comma 3 non ha avuto una applicazione uniforme e la seconda che la medesima disposizione regolamentare può essere applicata in modo anche diametralmente diverso, senza una espressa modifica, ma solo a seguito di una diversa valutazione della natura e del contenuto della deliberazione cui essa si applica.
7) Nel caso di specie non si tratterebbe quindi di cambiare una prassi consolidata perché siamo di fronte alla prima applicazione del decreto legislativo 235 del 2012 volto a garantire l’integrità morale delle assemblee elettive, ma solo di valutare l’applicabilità del 113 alla deliberazione sulla decadenza ex lege Severino.
8) L’oggetto della votazione non attiene dunque, a mio avviso, ad una valutazione sulla persona né alla fondatezza di atti di altri poteri che potrebbero condizionare l’esercizio dei diritti politici di un parlamentare e tanto meno attiene alla valutazione delle qualità intrinseche della persona, ma attiene alla composizione del Senato che sarebbe vulnerata se chi ha riportato condanne definitive (dunque non contestabili né r
evocabili né dal Senato né da altri poteri dello Stato ) quali quelle previste dalla Legge Severino continuasse a farne parte. E la legge stabilisce che accertata l’esistenza del presupposto (cioè la sentenza) che muta lo status, la condizione del parlamentare destinatario di condanna (accertamento che è l’oggetto della deliberazione), si proceda con immediatezza per ripristinare l’integrità della composizione dell’Assemblea. Questo è quindi l’oggetto su cui i singoli parlamentari sono chiamati a pronunciarsi .
9) Ricapitolando. In materia di decadenza ex lege Severino non ci sono precedenti. L’articolo 135ter, riguardante le analoghe ma non identiche deliberazioni in materia di ineleggibilità e incandidabilità non dispone espressamente in senso difforme e la sua applicazione in via di prassi è stata già modificata, a regolamento invariato, per altre fattispecie. Ergo la Giunta può legittimamente intervenire per qualificare la natura delle deliberazioni in materia di decadenza ex lege Severino e il regime di votazione.
10) A queste considerazioni aggiungo una riflessione di politica istituzionale che non può essere estranea a un organo parlamentare, e cioè che una estensione non dovuta del voto segreto andrebbe in direzione opposta a quella che, come si è detto, ha orientato, dagli anni Novanta in poi, l’evoluzione dei Regolamenti parlamentari per fare sì che le procedure di Camera e Senato si svolgano nel rispetto della Costituzione e sempre più aderendo al bisogno di trasparenza che viene da parte dei cittadini. Rispondere a questo bisogno è la condizione per conservare il rispetto dell’istituzione parlamentare e la legittimazione dell’esercizio delle prerogative da parte di ogni singolo senatore e di ogni singolo deputato e delle Assemblee nel loro complesso.
Per tutte queste ragioni la mia opinione è a favore del voto palese in caso di voto sulla delibera relativa alla decadenza derivante dall’applicazione della Legge Severino.
L’ha ribloggato su .