Sul merito puntuale della revisione costituzionale parlerà la collega Ciampi in dichiarazione di voto. La relatrice Corneli ha già inquadrato chiaramente la questione, così come avevano fatto i colleghi senatori.
Ovviamente ogni formulazione è sempre opinabile, come ha sottolineato il collega D’Ettore e in particolare lo è, come ha sempre chiarito lui, il livello di specificità a cui deve arrivare una norma costituzionale. A me spetta qui rispondere a un’obiezione seria, non improvvisata, di fondo.
Perché intervenire per la prima volta sui primi dodici articoli, sul cuore della Prima parte della Costituzione? E’ necessario? E’ opportuno? Sono domande riprese da una parte della dottrina costituzionale, in ultimo dal professor Tommaso Frosini sulla bella rivista Federalismi.it fondata dal professor Caravita, recentemente scomparso e che anche qui abbiamo ricordato, e che meritano una risposta argomentata.
Questa domanda viene da relativamente lontano, almeno dagli anni ’90, quando ci si è giustamente concentrati sugli aggiornamenti possibili sulla Seconda Parte, che evidenzia maggiormente i limiti del tempo e che è diventata per molti aspetti disfunzionale rispetto al perseguimento dei fini elevati della Prima Parte.
Tuttavia la polemica politica aspra tra gli schieramenti ha portato erroneamente a vedere il rapporto tra le due Parti della Costituzione come a due compartimenti stagni, quasi proibendo interventi sulla Prima, il che appare eccessivo.
Sappiamo bene che a differenza della Seconda, la Prima ha bisogno solo di eventuali interventi puntuali, incrementali, evitando comunque un’inflazione di modifiche, una banalizzazione della revisione costituzionale, mantenendo una maggiore prudenza, specie sui primi dodici articoli.
Le due Parti, però, non possono essere considerate a compartimenti stagni e l’articolo 138 sulla revisione, a differenza di altre Costituzioni, non differenzia le procedure per modificarle.
Se guardiamo bene, questo atteggiamento più equilibrato è stato a lungo prevalente.
Basta solo risalire agli anni ’80, alla Commissione Bozzi. Quei parlamentari, tra cui sedevano ancora esponenti dell’Assemblea Costituente e della prime legislature repubblicane, non solo avevano previsto un intervento analogo per la valorizzazione del diritto all’ambiente, ma anche tutta una serie di ulteriori revisioni che avrebbero toccato gli articoli 21, 24, 25, 27, 29, 32, 36, 37, 39, 49 oltre all’introduzione di vari articoli aggiuntivi (21 bis, 21 ter, 32 bis).
In ogni caso, anche volendo collegare in modo stringente la nozione di principi supremi coi primi 12 articoli della Costituzione, un conto è il concetto dei principi supremi ed un altro la loro concreta formulazione, che può sempre evolvere, salva nel caso la garanzia offerta dalla Corte costituzionale perché si evolva in positivo e non si regredisca.
Nessun atteggiamento sacrale, quindi, ma un’impostazione sanamente pragmatica.
Restiamo dei nani sulle spalle di quei giganti che hanno scritto il testo, ma, spesso, con interventi prudenti, anche i nani sono chiamati a fare il loro dovere, ad aggiornare quanto fatto dai giganti. Come facciamo oggi con questa revisione
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