Riforma costituzionale. A Orvieto per segnalare che la campagna referendaria è già virtualmente aperta
di Stefano Ceccanti
Due novità fondamentali si sono realizzate in questi giorni. La prima è l’unità del Pd e delle forze della maggioranza sia sulle modalità di elezione del Senato sia sulla sostanza delle funzioni. Sulla base di questa nuova condizione politica dovrebbero essere certi i consensi per le letture successive ed in particolare quasi scontato che la Camera voterà in modo conforme il testo che uscirà dal Senato. Accanto a questa conseguenza nelle istituzioni ce n‘è un’altra preziosa nel rapporto col Paese: dovrebbe essere finito il tempo, che pure è stato certamente utile, in cui in ogni incontro organizzato sul tema dal partito bisognava sommare le voci favorevoli e contrarie; a questo punto il largo consenso può consentire di spiegare al Paese quella che è la posizione unitaria del Pd, in una logica estroversa e non più introversa. La seconda novità è la fissazione della data finale del voto in Senato il 13 ottobre. Ciò significa che al termine di quella giornata noi sapremo, per il sommarsi delle condizioni istituzionali e politiche, quale sarà il testo che sarà sottoposto al referendum tra circa un anno. Dopo la lettura conforme della Camera, infatti, secondo le norme vigenti i due ulteriori passaggi non potranno aggiungere più nessun emendamento. Dal 13 ottobre, quindi, partirà la campagna perché avremo il testo preciso su cui i cittadini saranno chiamati a votare. Si può persino pensare che, in sostanza, essendo garantiti in partenza i consensi solo agli emendamenti sin qui concordati e a qualcun altro minore che sarà ulteriormente definito, in fondo la campagna sia aperta sin d’ora e anche i messaggi dei prossimi giorni nelle aule parlamentari saranno di fatto più rivolti al rapporto con la società italiana che non ai soli emicicli.
Per questa ragione l’associazione “Libertà Eguale” sin dal Convegno di Orvieto di sabato e domenica su “Le riforme e il loro partito” intende invitare tutte le forze che nella società italiana si muovono per questo rinnovamento del patto costituzionale, nella fedeltà ai Princìpi della Prima Parte che richiede una discontinuità sulla strumentazione della Seconda, ad attivarsi sin d’ora, anche al di là della vicinanza ideale alla maggioranza, per una campagna molecolare a favore del Sì. Si tratta infatti di un referendum che si svolgerà a poche settimane di distanza dall’anniversario dei settant’anni di elezione dell’Assemblea Costituente e che merita quindi essere affrontato sia spiegando i dettagli delle soluzioni adottate, creando una cultura diffusa delle regole, sia con un chiaro asse culturale. Sono infatti ancora diffuse in alcune aree culturali e politiche due opposte semplificazioni: la prima è quella che potremmo definire nuovista e che talora identifica le innovazioni come una sorta di anno zero; la seconda, più diffusa nei ceti intellettuali, che scambia la fedeltà con l’immobilismo. Una semplificazione paradossale quando vediamo, come accade in modo documentato nell’ultimo numero della Rivista Trimestrale di diritto Pubblico, che gran parte delle proposte su cui si andrà a votare nel referendum erano già state ipotizzate addirittura nella prima fase dei lavori della Costituente, prima che la Guerra Fredda lacerasse i rapporti tra le forze politiche e le spingesse inevitabilmente su alcuni punti ad accordi al ribasso per i timori reciproci. E’ un Sì che si carica quindi della forza dei 70 anni di storia repubblicana, che è possibile perché la Prima Parte del Costituzione ha riscosso un consenso crescente e più profondo.