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Audizione alla Commissione Affari Costituzionali

Roma, 3 maggio 2023

 

  1. Intervento

In generale inviterei a non cestinare il lavoro svolto in questa sede nella precedente legislatura, che può costituire per alcuni aspetti uno dei possibili punti di riferimento. Partirò quindi da esso anche per esporre alcune delle ragioni di allora che furono, credo, ben meditate da tutti.

Caso mai, trattandosi di un primo intervento organico in materia, mi preoccuperei di non eccedere in questa fase in normative troppo dettagliate, e quindi inviterei a rivedere quel testo o qualsiasi altro senza pretese di pretendere di risolvere tutti i problemi in questa fase, necessariamente sperimentale.

 

Seguirò brevemente lo schema in quattro punti proposto dalla Commissione

  1. Ambito soggettivo
  2. Modalità di Regolazione
  3. Autorità di Vigilanza
  4. Apparato sanzionatorio

 

  1. Mi sembra che l’idea di partire dalle cinque definizioni di allora, che possono essere sempre migliorate nel merito, fosse un buon punto di partenza: rappresentanza di interessi, rappresentanti di interessi, portatori di interessi, decisori pubblici e portatori di interessi pubblici. Anche l’idea di avere una lista di esclusioni mi sembra tuttora valida: essa serviva a distinguere la più ampia definizione politologica di lobbisti (tutti coloro che convergono nel premere sui decisori pubblici per incidere sulle policies) da una giuridica ben più delimitata (non avrebbe senso inserire soggetti già regolati o comunque coinvolti per altra via specifica come sindacati e confessioni religiose).
  2. La modalità individuate dal testo Camera consistevano in sostanza nell’iscrizione obbligatoria ad un registro da parte dei lobbisti, unitamente al deposito del proprio regolamento e del codice di condotta con un incentivo positivo, ossia l’accesso ad una banca dati sui provvedimenti normativi in corso di predisposizione, collegato a una procedura di consultazione in cui essere coinvolti. A dir la verità l’idea di un incentivo positivo, di un beneficio che si riceve con l’iscrizione, banca dati e connessa partecipazione a consultazioni, sarebbe più logicamente collegabile ad un modello di registrazione non obbligatoria ma volontaria, che forse sarebbe più adatta ad una prima disciplina della materia sin qui non normata. Forse varrebbe la pena di considerare anche questo modello alternativo. L’idea di registro obbligatorio si collega logicamente meglio a quello di sanzioni negative. Ovviamente c’è un problema nell’ipotesi di incentivo positivo, al netto dell’obbligatorietà o meno del registro: le modalità attuali della nostra legislazione (decreti ed emendamenti ai decreti) sono per lo più non compatibili con procedure regolate di consultazione e questo richiama ad alcune esigenze di riforma di sistema, note da tempo ma sin qui non realizzate.
  3. La soluzione individuata di non creare un’Autorità ex novo, ma di dar vita a una specializzazione dentro un’Autorità già esistente (un Comitato di Sorveglianza presso l’Autorità della Concorrenza e del mercato) mi sembra tuttora sensata, anche se si potrebbe calibrare meglio la composizione, prevedendo anche membri eletti dal Parlamento.
  4. Su questo aspetto mi limito a un ragionamento sistematico: se si mantiene l’obbligatorietà del registro, il quadro di sanzioni proposto allora appare un buon punto di riferimento; se invece si optasse per un modello volontaristico andrebbe ridotto al minimo perché esso sarebbe collegato all’incentivo positivo. Infine una sottolineatura: le eventuali sanzioni per i parlamentari dovrebbero comunque essere decise dalla Camera di appartenenza, sia pure dopo segnalazione dell’autorità competente.

 

 

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