Una proposta per l’elezione del nuovo Senato[1]
La riforma del bicameralismo tracciata dal disegno di legge ora all’esame del Senato si regge, nel suo complesso, su basi solide e adeguate. Essa appare idonea a conseguire obiettivi fondamentali di ammodernamento dell’intero sistema costituzionale da lungo tempo largamente condivisi, e principalmente:
- lo snellimento e la semplificazione dei procedimenti di formazione delle leggi, necessari in un epoca in cui le decisioni pubbliche e la loro implementazione devono essere sempre più rapide e tempestive a fronte della eccezionale accelerazione impressa ai mutamenti di scenari nel mondo della globalizzazione e delle nuove tecnologie della comunicazione;
- la stabilità dei governi e la coesione e omogeneità delle maggioranze parlamentari, che consigliano di concentrare (come di norma avviene nei Paesi a forma di governo parlamentare) su una sola Camera elettiva la titolarità del rapporto fiduciario con il Governo (concessione e revoca della fiducia, approvazione delle leggi essenziali per l’attuazione del programma di governo, con relativo possibile uso della questione di fiducia o di equivalenti strumenti); esse consigliano dunque di superare il bicameralismo paritario, anche nella configurazione del rapporto fiduciario tra legislativo e esecutivo;
- la trasformazione del Senato in una camera di rappresentanza delle istituzioni territoriali.
Nel suo complesso, questa parte della riforma contribuisce dunque a rendere più fluida l’assunzione delle decisioni, a ridimensionare i poteri di veto, a superare tensioni e conflitti.
Essa contribuisce anche alla non meno essenziale revisione della riforma del titolo V, volta ad eliminare la eccessiva sovrapposizione o concorrenza di competenze legislative tra Stato e Regioni, delineando un sistema basato su nuove dinamiche e nuovi equilibri, tra un sensibile ridimensionamento delle competenze legislative attribuite alle Regioni, da un lato, e il riconoscimento alle Regioni stesse di una influenza sulle decisioni legislative spettanti allo Stato, tramite i propri rappresentanti chiamati a comporre il Senato, dall’altro.
Si tratta di una logica robusta, cui del resto si è ispirata e si ispira, in varie forme, l’esperienza di una gran parte degli ordinamenti federali e regionali, anche e particolarmente in Europa, nella quale lo snodo tra poteri sovrani (in parte emigrati a Bruxelles) e territorio è rappresentato ed esercitato in primo luogo dagli Stati Membri, che concorrono alla formazione delle decisioni delle istituzioni europee.
Questi obiettivi – condivisibili e condivisi – non sono in linea di principio incompatibili con l’esigenza di garantire la legittimazione democratica e la rappresentatività del nuovo Senato, se si muove correttamente dalla presa d’atto del fatto che, nell’impianto condiviso della riforma, la legittimazione e la rappresentatività del Senato sono strutturalmente date dalla sua natura di rappresentanza delle istituzioni democratiche territoriali.
Non si tratta dunque di introdurre emendamenti che comportino rallentamenti e ritardi al procedimento in corso, né di ripartire da capo (cosa che non ci sentiamo di consigliare, al termine di una lunga pluridecennale stagione di dibattiti sulla riforma e l’ammodernamento delle nostre istituzioni).
A tal fine, occorre prendere atto che la modifica apportata dalla Camera all’articolo 57 della Costituzione (art. 2, comma 5, del d.d.l. di riforma) concerne esclusivamente la durata del mandato dei senatori, non la composizione del Senato e le modalità di elezione dei suoi membri.
Al contrario, l’articolo 122 prima comma della Costituzione (art.35 del d.d.l. di riforma), nella parte in cui disciplina i contenuti della legge-quadro della Repubblica che detta i principi fondamentali per la legislazione regionale in materia (tra l’altro) di sistema di elezione dei consiglieri regionali, consentirebbe un intervento emendativo del Senato, dal momento che la Camera ha apportato modifiche al testo a suo tempo approvato dal Senato. Il testo Senato aveva aggiunto, alla indicazione (non esaustiva) dei contenuti della legge-quadro della Repubblica, la determinazione degli emolumenti dei titolari di organi della Regione (ivi inclusi i consiglieri regionali); la Camera vi ha aggiunto “i principi fondamentali per promuovere l’equilibrio fra donne e uomini nella rappresentanza”, dunque un principio che attiene essenzialmente alla disciplina del sistema di elezione dei consiglieri regionali. Il Senato ben potrebbe dunque approvare un nuovo emendamento che, salvaguardando la autonomia dei legislatori regionali nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge della Repubblica, introduca nel primo comma dell’articolo 122 qualche disposizione concernente le modalità di elezione dei consiglieri regionali chiamati, oltre che a far parte del Consiglio regionale, anche a rappresentare la Regione nel nuovo Senato.
Si potrebbe per esempio aggiungere, al termine del primo comma dell’art. 122, come modificato nel testo del d.d.l. Renzi-Boschi ora all’esame del Senato, il riferimento, come ulteriore contenuto essenziale della legge della Repubblica in esso prevista, alle “modalità con le quali sottoporre alla valutazione degli elettori le candidature dei membri del Consiglio regionale destinati anche a rappresentare la Regione nel Senato della Repubblica”.
La disposizione sarebbe sufficientemente ampia ed elastica da consentire al legislatore nazionale, e anche (se questi lo riterrà opportuno) ai legislatori regionali, di scegliere tra diverse soluzioni:
- mero obbligo per i partiti (o per i soggetti legittimati a presentare le liste dei candidati alle elezioni regionali) di evidenziare i loro candidati ad essere, se eletti, non solo componenti del Consiglio regionale, ma anche senatori in rappresentanza della Regione: si imporrebbe in altri termini di dare al corpo elettorale una più larga informazione sull’”offerta politica” di ciascun partito, con una sorta di preventiva disclosure, che consentirebbe agli elettori di fare le loro scelte non solo conoscendo il candidato Presidente della Regione e i candidati consiglieri regionali che ciascuna lista propone, ma, tra essi, di conoscere anche quelli candidati al doppio incarico di membro del Coniglio regionale e di membro del Senato; in questa modalità l’elettore non si pronuncerebbe sui nomi di tali candidati, ma li valuterebbe al fine di determinare la sua scelta fra le varie liste;
- previsione nella legge regionale della presentazione di un listino bloccato di candidati destinati, se eletti, a assommare l’incarico di componente del Consiglio regionale e di senatore in rappresentanza della Regione;
- previsione nella legge regionale della presentazione di un listino regionale di candidati destinati, se eletti, a assommare l’incarico di componente del Consiglio regionale e di senatore in rappresentanza della Regione, sui quali l’elettore potrebbe esprimere uno o più voti di preferenza;
- nelle Regioni che prevedono la facoltà degli elettori di esprimere voti di preferenza per l’elezione dei consiglieri regionali, previsione che gli elettori abbiano a disposizione un apposito voto di preferenza per i consiglieri regionali/senatori ; oppure che questi siano scelti dal Consiglio regionale tra quelli che hanno ottenuto (per ciascuna lista) più preferenze per il Consiglio regionale (ovvero un numero di preferenze superiore alla media di quelli ottenuti dagli eletti.
Ciascuna di queste soluzioni (ad eccezione della prima) presenta problemi tecnici, peraltro non insuperabili. E ciascuna presenta pro e contro che verrebbero rimessi alla valutazione del legislatore nazionale e (nei limiti in cui questi lo vorrà) dei legislatori regionali.
Tutte queste soluzioni però tengono fermi i principi base, e cioè:
- i senatori rappresentano le istituzioni territoriali (le Regioni);
- tutti continuano a far parte del rispettivo Consiglio regionale nel quale sono stati eletti (direttamente) dagli elettori;
- tutti ricevono i loro emolumenti dal Consiglio regionale, del quale fanno parte, senza la corresponsione di specifici emolumenti o indennità in relazione al loro incarico di membri del Senato.
E’ salvaguardata dunque la configurazione del Senato come Camera delle autonomie territoriali. In questi termini, infatti, non solo si mantiene il criterio della necessaria unione personale della funzione di senatore con quella di membro del Consiglio o dell’Assemblea regionale, senza alcuna duplicazione di indennità, ma si innesta pienamente la funzione di senatore in quella di consigliere.
Quanto al problema del rapporto tra (a) la legge-quadro prevista dall’art. 122 della Costituzione e (b) la legge della Repubblica di cui all’ultimo comma dell’ art. 57, come modificato dall’art. 2 del disegno di legge di riforma, esso si risolve limpidamente considerando che entrambe le leggi (a e b) sono vincolate dalle disposizioni dell’art. 57 e dell’art. 122, riservandosi alla prima (a), ratione materiae, le disposizioni che integrano la disciplina del procedimento elettorale per la elezione dei Consigli regionali.
In questo senso, si potrebbe dunque riformulare il comma 1 dell’art. 122 della Costituzione nei termini seguenti[2]:
“Il sistema d’elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi e i relativi emolumenti nel limite dell’importo di quelli attribuiti ai sindaci dei Comuni capoluogo di Regione. La legge della Repubblica stabilisce altresì i principi fondamentali per promuovere l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza e le modalità con le quali sottoporre alla valutazione degli elettori le candidature dei membri del Consiglio regionale destinati anche a rappresentare la Regione nel Senato della Repubblica”.
Roma, 11 settembre 2015
[1] Questa nota è il prodotto della riflessione di un gruppo di Astrid composto di una decina di professori di Diritto costituzionale o Diritto Pubblico. Sarà seguita a giorni da una proposta di modifiche al testo del disegno di legge Renzi-Boschi in tema di procedimento legislativo e di competenze e funzioni del nuovo Senato.
[2] Laddove, ovviamente, le parole in carattere grassetto tondo rappresentano la modifica introdotta dal Senato in prima lettura, quelle in grassetto corsivo rappresentano la modifica introdotta dalla Camera dei Deputati, quelle in rosso le parole che il Senato potrebbe ora aggiungere, se condividesse la nostra proposta