CONVEGNO
PARLAMENTI SUB-STATALI NELLA DIMENSIONE NAZIONALE ED EUROPEA-RELAZIONE DI SINTESI
DI
FULCO LANCHESTER
1-Premessa-La mia relazione di sintesi si fonda su ciò che è stato detto in precedenza dai relatori e, nel caso di specie, svolge anche la funzione di raccordo – introduzione con la Tavola rotonda (virtuale visto il tipo di tavolo) di questo pomeriggio, cui partecipano alcuni presidenti di Consigli regionali e di Commissioni parlamentari.
Le seguenti note hanno, quindi, il mero scopo di fotografare lo spirito del dibattito avvenuto stamattina per stimolare e indirizzare opportunamente quello previsto nel pomeriggio .
Mi corre, innanzitutto, l’obbligo di ricordare che i lavori della giornata odierna si inseriscono nell’ambito di una ricerca PRIN sui parlamenti nazionali ed il parlamento europeo, da me coordinata, che il gruppo di Roma(Università “La Sapienza”) sta portando avanti con le unità di Milano(prof.ssa Paola Bilancia),Napoli(prof.ssa Anna Papa),Pisa(prof. Antonio Zorzi Giustiniani),Siena(prof.ssa Michela Manetti).
Lo scopo dell’analisi è verificare se il processo di deparlamentarizzazione delle Assemblee legislative nazionali a causa dell’aumento delle competenze dell’Unione(v. J.O’ Brennan – T. Raunio ) e dei fenomeni di internazionalizzazione e globalizzazione sia stato invertito o perlomeno limitato dal maggiore coinvolgimento che il Trattato di Lisbona ha previsto per le stesse. Nel corso del Convegno odierno(i cui contributi sono già da tempo disponibili in linea su nomos-leattualitaneldiritto.it come anticipazioni), l’Unità romana ha previsto una ricognizione specifica sulle relazioni tra Assemblee subnazionali e parlamento europeo con il coinvolgimento del prof. Francisco Balaguer dell’Università di Granada, di funzionari di alcune Assemblee regionali italiane(Friuli V.G.: Dott.ssa Anna Leone; Sicilia:Dott. Fabrizio Scimè ; Abruzzo: Dott. Gabriella Rosa ; Emilia Romagna: dott.ssa Barbara Attili) ed europee(Belgio:Luk Van Looy ;Spagna :Dott. José Tudela Aranda ;Regno Unito: Dott.David Melding ;Austria e Germania:Prof. Astrid Zei) e ricercatori del gruppo romano( prof.ssa Laura Frosina e dott.ssa Giulia Araventinou).
A maggio vi sarà una due giorni caratterizzata dalla presenza, accanto ad una nutrita schiera di accademici europei e latino-americani, di Dieter Grimm e Peter Haeberle sui temi più generali del rapporto parlamenti nazionali e parlamento europeo nella prospettiva della globalizzazione.
2-Le questioni generali-La relazione del prof. Francisco Balaguer Callejon ha dimostrato in modo chiaro(come d’altra parte anche quella di Laura Frosina) il superamento della cecità regionale da parte dei trattati, ma anche l’ asimmetria della presenza degli ordinamenti subnazionali nel contesto costituzionale europeo sia per quanto le dimensioni territoriali sia per quanto attiene al peso reale. La realtà di una costruzione sedimentata nel corso del tempo evidenzia oramai in maniera incontroversa una stretta connessione tra gli ordinamenti costituzionali dei singoli componenti dell’Unione e l’Unione stessa nella costruzione della volta costituzionale dell’Unione complessiva.
Tuttavia Balaguer ha confermato(e lamentato) come il piano ancora principale dello spazio politico dell’Unione rimanga quello statale dove risulta allocato il centro di gravità partitico , mentre la Dott.ssa Araventinou ha messo in evidenza come-nonostante passi avanti operati nell’ultimo decennio con la presa in considerazione del livello regionale – le regioni si stiano trovando di fronte alla sfida di un nuovo centralismo derivante dalle esigenze economiche.
Nuovo ruolo delle componenti subnazionali e nuove sfide centralistiche costituiscono la realtà contraddittoria della attuale fase, che è stata implementata dal Trattato di Lisbona. Quest’ultimo ha -infatti- previsto una partecipazione sempre più attiva (ma non tanto più incisiva) delle rappresentanze parlamentari nazionali e assembleari subnazionali. In particolare, il rafforzamento del ruolo del Comitato delle regioni e la possibilità dello stesso di poter ricorrere dinanzi alla Corte di giustizia sono stati esaminati dalla prof.ssa Laura Frosina e dalla Dott.ssa Araventinou. Esse hanno sottolineato l’intervento del Comitato nella fase prelegislativa, durante l’iter legislativo, nella fase di coordinamento e supporto informativo e nella fase di controllo ex-post sull’implementazione della legislazione europea. Ed hanno anche evidenziato il ruolo delle Assemblee e dei parlamenti regionali nel sistema del early warning prospettato dal Trattato di Lisbona. In questa prospettiva sono state analizzate le innovazioni che i singoli stati dell’Unione hanno approvato per inserire le assemblee subnazionali nella complessa rete di consultazione-decisione prevista dai trattati.
3-Le esperienze straniere-Per quanto riguarda i singoli casi a livello comparato, Germania ed Austria hanno, ad es., approvato revisioni costituzionali specifiche in argomento, mentre Italia e Spagna lo hanno fatto intervenendo sia a livello nazionale che regionale. La prof.ssa Astrid Zei , dopo aver analizzato la sedimentazione normativa che dal 1957 al 2011 ha caratterizzato la Germania( mentre in Austria è stata messa a frutto sia l’esperienza danese, sia quella tedesca), ha sottolineato tuttavia come questi due ordinamenti, ”caratterizzati da un pervasivo catalogo di strumenti e di garanzie per la partecipazione delle autonomie al diritto dell’Unione europea”, si rifugino in sostanza in una sorta di lobbying istituzionale, tipico di chi esercita non potere ma influenza attraverso opportuna pressione. Dopo aver esaminato a fondo le procedure previste dalla normativa vigente nei due ordinamenti(nonché la giurisprudenza costituzionale degli stessi),la prof.ssa Zei si è chiesta fin quando si potrà sopportare l’eccesso di informazione in entrata e quanto la stessa potrà essere elaborata in modo positivo.
D’altro canto il Dott. JoséTudela Aranda ha non soltanto confermato la prevalenza degli esecutivi sui legislativi(nazionale e delle Comunità autonome), ma soprattutto ha posto in risalto come, “ dopo un primo periodo di euforia, la partecipazione del parlamenti subnazionali nel early warning System ….[,lo stesso]è divenuto un procedimento amministrativo portato avanti da esperti in problemi giuridici”. Questa prospettiva è anche il frutto della evidente diminuzione di incidenza che le strutture nazionali e subnazionali di alcuni elementi dell’Unione hanno subito nel corso della crisi dal 2008 in poi.
In ogni caso, le conclusioni di Tudela Aranda certificano che la partecipazione dei parlamenti subnazionali alla fase prelegislativa potrebbe essere implementata, mentre l’early warning system si è radicato nell’ambito del piano delle Comunità autonome.
David Melding ha invece messo in chiaro, prima di tutto, come nel Regno Unito l’impegno nell’Unione Europea venga considerato come competenza riservata della politica estera del Governo. Tuttavia, a suo avviso, costituisce un errore ritenere il tema delle competenze delle aree subnazionali(ed in particolare di quella gallese, di cui si è occupato ex professo) siano da sottovalutare. Melding ci dice che i parlamenti subnazionali esplicano un ruolo particolarmente importante nel controllo sull’attività degli esecutivi nell’implementazione e completamento del diritto europeo e che il meccanismo della responsabilità politica ( accountability) viene fatto valere all’interno del circuito democratico,anche nell’ambito delle prospettive di Britexit.
Infine, il Dott. Luk Van Loy ha evidenziato, dalla prospettiva del Parlamento fiammingo, come il Belgio rappresenti un esempio estremo di complicatezza istituzionale, dove il federalismo copre gli estremi di una allentamento dello Stato nazionale e le assemblee regionali costituiscono parte integrante del sistema parlamentare nazionale .
4-Le esperienze italiane- Le relazioni regionali italiane sono tutte molto puntuali dimostrano l’imponenza del lavoro effettuato, ma anche la relatività dello stesso sia dal punto di vista della legittimazione sia da quello della incisione.
Per l’Italia, dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la l. n. 234 del 2012(entrata in vigore nel 2013) ha sostituito la legge n.11 del 2005. La natura pedagogica della normativa in vigore si conferma nell’analisi specifica dei rapporti regionali. La Dott.ssa Leone ha provveduto ad evidenziare chiaramente come “la conoscenza e la partecipazione, anche indiretta, all’iter di formazione delle decisioni europee consente agli organi e agli enti chiamati ad attuarle di essere preparati al recepimento e all’applicazione” delle stesse . Essa conferma inoltre la complicatezza delle procedure, ma anche la possibilità di influire delle assemblee attraverso queste sul triangolo rappresentato da Parlamento, Consiglio e Commissione. La relazione sottolinea come la regione FVG si sia attrezzata attraverso opportune riforme regolamentari ed organizzative alla bisogna. Interazioni personali ed istituzionali risultano quindi al centro di questa approfondita relazione.
In senso analogo la Dott.ssa Barbara Attili ha certificato l’azione che la Regione Emilia Romagna ha messo in atto in argomento sin dal 2005, anche attraverso lo stimolo effettuato dal Network Sussidiarietà del Comitato delle Regioni. Con riferimento alla fase ascendente, il metodo di lavoro rappresentato dalla Sessione europea e dall’esame del Programma di lavoro della Commissione europea costituirebbe dunque il metodo di lavoro capace di fornire l’indispensabile filtro politico per in individuare le iniziative di interesse regionale. Di qui le opportune procedure per le osservazioni e la verifica di sussidiarietà e i raccordi con la Giunta, ma soprattutto la consapevolezza che i meccanismi di partecipazione della Regione Emilia Romagna alla fase ascendente debbano connettersi con la successiva fase discendente.
Il Dott. Fabrizio Scimè, segretario generale dell’Assemblea siciliana ha invece fatto notare come, nonostante la legge regionale n.10 del 2010 su Disposizioni sulla partecipazione della Regione al processo normativo dell’Unione Europea, lo Statuto regionale continui a non contenere alcun accenno all’Unione Europea e ai rapporti della regione con essa. La relazione si è soffermata sui principali strumenti di intervento introdotti dalla legge 10/2010 ed ha evidenziato un giudizio fortemente critico sull’attività del Dipartimento affari extraregionali della Presidenza regionale che non sarebbe ancora riuscito a dispiegare in maniera concreta le competenze ad esso attribuite di coordinamento degli affari europei di competenza regionale. Ciò avrebbe ricadute sullo svolgimento dell’attività dell’Assemblea regionale. D’altro canto, il problema starebbe- ad avviso del Dottor Scimè – nella dinamica collaborativo tra assemblea ed Esecutivo. La critica è feroce e conferma la “carenza di coordinamento e di raccordo costante tra gli organismi deputati ad intervenire, nello specifico tra Giunta e4 Assemblea regionale siciliana”(p.10), cosicché senza un’azione di divulgazione opportuna il tema rimane molto tecnico e poco politicamente praticabile.(p.14)
5-Le questioni di fondo-In definitiva si può dire che, dal punto di vista burocratico, nell’ultimo lustro il lavoro sia stato rilevante, così come si è notato uno sforzo pedagogico conformante i comportamenti sia dei soggetti politici che delle rispettive burocrazie. Ci si può chiedere però se esso riesca a rispondere alle intense esigenze del momento che enumero in maniera ovviamente sintetica, prima di formulare alcuni quesiti ai relatori.
Siamo e continuiamo a stare in mezzo al guado. Il Presidente emerito Napolitano ci fornisce, con il titolo di un Suo libro, la battuta. I processi di internazionalizzazione, globalizzazione e integrazione continentali costituiscono oramai da tempo un fattore di indebolimento dello Stato nazionale.
Nei primi anni ’90 si riteneva, dopo il collasso del socialismo reale e sotto la spinta dei processi precedentemente indicati , lo Stato nazionale fosse una istituzione oramai definitivamente superata, come la sua stessa denominazione . In Europa in particola modo la prospettiva appariva particolarmente evidente. Circa venti anni dopo, la Sentenza della Corte costituzionale tedesca su Lisbona ha descritto in maniera opportuna la realtà della vicenda europea, sviluppatasi dal periodo dell’immediato secondo dopoguerra sino alla fine degli anni Ottanta sotto l’ombrello statunitense e nel clima della contrapposizione bipolare.
Nel periodo post – 1989 la riunificazione tedesca e il Trattato di Maastricht avevano apparentemente rafforzato il processo di integrazione sovranazionale. In realtà l’unipolarismo senza egemonia statunitense e l’allargamento dell’Unione ad est hanno,invece, ridotto il tasso di legittimazione dell’Unione europea, incrementando il gap di democraticità della intera costruzione europea.
Con il terzo millennio il definitivo spostamento degli assi geopolitici, la presenza di nuovi soggetti e la crisi finanziaria hanno posto, quindi, nuove ed impegnative sfide alla UE. L’Europa si trova, infatti, davanti ad una duplice crisi dei pilastri del modello che l’hanno caratterizzata: lo Stato sociale e la democrazia rappresentativa.
Per quanto riguarda le difficoltà dello Stato sociale ricordo, in maniera icastica, solo quanto di recente ha dichiarato la Signora Merkel incontrando di recente un gruppo di economisti internazionali. In sintesi, l’Europa con il 7% della popolazione mondiale(ed un indice di vecchiaia della popolazione estremamente alto) produce circa il 25% del PIL , ma spende più del 50% della spesa sociale globale. E’ evidente che si dovrà ristrutturare il modello di copertura sociale esistente, aspettando che i paesi emergenti che ne sono privi entrino in contraddizione aumentando le proprie spese in materia.
Alla crisi dello Stato sociale, sviluppatosi soprattutto nell’ambito dei cosiddetti 30 gloriosi del periodo post-bellico, corrisponde la crisi della democrazia rappresentativa a livello globale, ma in particolare nell’ambito del nostro continente ,dove le decisioni politiche non sono più imputabili al livello nazionale tradizionale. In questa prospettiva i parlamenti sono oramai da tempo considerati istituzioni in crisi e il tentativo di Lisbona è da considerarsi utile , ma non certo sufficiente.
Le funzioni delle assemblee rappresentative rischiano di uscire dal circuito della politicità e di ritornare in quello della mera influenza. La loro crisi non è solo frutto del deficit istituzionale dell’Unione, ma della ristrutturazione degli strumenti della rappresentanza nelle società di massa basate sulla comunicazione liquida e personalizzata .
Di fronte alla insufficienza nell’espletamento delle tradizionali funzioni esplicate dalle assemblee rappresentative in merito alla funzione legislativa, di indirizzo e di controllo ormai rimane alle stesse l’ineliminabile funzione di legittimazione e la partecipazione alla nuova funzione di coordinamento che – appunto- Lisbona ha cercato di implementare.
6-Conclusioni ed interrogativi- Se questo è vero, c’è la necessità di operare un salto di qualità, perché gli strumenti tecnici della finanza e della burocrazia non riescono più a supplire la mancanza di un deciso indirizzo politico.
In questa prospettiva, c’è da riproporre ciò che Caspar Bluntschli suggerì al costituente tedesco degli anni Sessanta del secolo XIX( Bismarck), facendosi scudo del caso statunitense del secolo precedente. Di fronte a chi chiedeva a Giorgio Washington di intervenire con la sua influenza sulla situazione disastrata del deficit dei singoli stati dell’Unione e sui sommovimenti sociali, il generale risposte che influence is not government, ovvero che l’influenza non è capacità di indirizzo politico. Da ciò scaturì il processo costituente di Filadelfia ed il passaggio dalla Confederazione alla Federazione nel 1787.
Il passaggio dalla attuale governance europea di diritto internazionale pubblico ad un government fondato su un vero e proprio diritto pubblico interno impone il salto di qualità evocato in precedenza. Si tratta di un obiettivo cui dobbiamo credere, ma che – ovviamente- non sembra realistico. In questa situazione esso rimane sullo sfondo di un processo che dobbiamo valutare con gli occhi asciutti, ritornando all’ultimo quinquennio ed ai compiti che dobbiamo effettuare per mettere la nostra macchina istituzionale in grado di competere in maniera ottimale all’interno dell’Unione.
E’ per questo che gli interrogativi finali più che su Hobbes si devono concentrare su Althusio evidenziando per il caso italiano:
da un lato il grado di attuazione nelle singole regioni della legge 234/12 e fino a che punto si possono controllare i processi europei nella fase ascendente e discendente;
dall’altro quanto la riforma costituzionale in gestazione si inserisca in questo processo e se la riforma del Senato fornirà un reale “raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica e tra questi e l’Unione europea”.