In Diario
Sulla legge elettorale, a proposito della cosiddetta “armonizzazione” vedo scritte e teorizzate varie cose imprecise.
In particolare:
1-argomento parzialmente vero ma propagandistico: la riforma serve per evitare due maggioranze diverse e per favorire la governabilità. Rispetto a questo va ricordato che le leggi elettorali possono cercare di ridurre il rischio, ma quando per Costituzione hai i 18-25 enni che votano solo alla Camera il rischio è comunque elevato. Per di più alcune forze politiche, volendo armonizzare al ribasso gli sbarramenti, hanno  l’obiettivo esattamente opposto, di rendere più difficile la governabilità in nome dell’armonizzazione. Comunque non bisogna promettere più di quanto si possa mantenere.
2-argomento giuridico pro decreto: ci sarebbe un buco che renderebbe necessaria una legge o almeno un decreto prima di votare. Rispetto a questo va ricordato che il tema del ‘buco’ è sorto a causa della sentenza 1/2014 che ha inserito la preferenza unica al Senato (molto discutibilmente perché mai al Senato c’erano state le preferenze). Come mettere la riga sulla scheda su cui scrivere la preferenza? Come proclamare gli eletti? Ora, però, a mio avviso con l’Italicum che ha inserito le preferenze alla Camera il buco non c’è più. Infatti la legge del Senato ha una norma di chiusura che rinvia a quella della Camera: da lì si può tranquillamente attingere la normativa sulle preferenze. In ogni caso su tutto il resto il buco non c’è e il decreto non si può fare perché il fine non giustifica i mezzi. In materia elettorale l’ultimo comma dell’articolo 72 della Costituzione stabilisce una riserva di assemblea che secondo la dottrina (e anche secondo la legge 400 del 1988) rende illegittimi i decreti e non solo il voto in Commissione deliberante. Si sono fatti decreti solo per questioni ‘tecniche’ di contorno e previa acquisizione del consenso di tutti i gruppi parlamentari, ma non si possono certo far passare per tecniche modifiche su soglie e premi e neanche, credo, sul numero delle preferenze e sui collegi. Ora, è vero che sarebbe quanto mai opportuno (non necessario) l’inserimento sia della doppia preferenza di genere sia, ancora di più, di collegi più piccoli della Regione al Senato (è insensato far correre i candidati per tutta la Lombardia o tutto il Lazio) ma queste cose non si possono costituzionalmente fare per decreto. Né, nel caso, si può paralizzare il ricorso al voto dei cittadini in nome di modifiche altamente opportune nel caso in cui non si riescano a fare.
Tutte queste cose erano comunque chiare dalla sera del 4 dicembre in cui molti dei sostenitori del No, mentre ci trascinavano nella palude, preannunciavano facili e risolutive riforme elettorali e costituzionali alternative a quella approvate che si sarebbero fatte in poche settimane.
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