Il sisto citato dalla dottoressa Stegher lunedì è questo:
www.giurcost.org
Intervento di Andrea Fiorentino: “Il Parlamento italiano e i trattati internazionali”.
Manuale di riferimento: Gianniti-Lupo, pp. 296-298.
Introduzione sulle nozioni di «treaty-making power» e di «trattato internazionale», e sulla distinzione tra forma solenne e forma semplificata di stipulazione.
La Costituzione non contiene una disciplina articolata ed esaustiva del procedimento di formazione dei trattati internazionali. Due articoli di riferimento: art. 80 Cost.; art. 87, VIII comma, Cost.
Tra le pieghe di questo scarno quadro normativo è possibile rinvenire una competenza del Governo, la quale, benché residuale rispetto a quella delle Camere e del Presidente della Repubblica, risulta tendenzialmente onnicomprensiva: la ratifica è un atto formalmente presidenziale ma sostanzialmente governativo; il Governo decide di intraprendere i negoziati, li conduce e autorizza la firma.
Dal punto di vista giuridico il Governo non è tenuto a informare e a consultare le Camere in merito ai negoziati. Eppure, nel quadro dei procedimenti attraverso i quali si sviluppa il rapporto fiduciario, l’attivazione di un controllo politico parlamentare sui negoziati, in teoria, è sempre possibile. Nella prassi, tuttavia, le Camere sono state coinvolte nella processo negoziale in poche occasioni.
L’art. 80 Cost. prevede che le Camere autorizzino con legge la ratifica di alcune categorie di trattati. Quella più problematica è quella dei trattati «di natura politica»: una formula volutamente elastica e di irrisolvibile indefinitezza che sfugge a tentativi di conchiuderla in una precisa definizione.
Nella prassi l’art. 80 Cost. ha ricevuto un’applicazione generalmente corretta. Tuttavia, ci sono stati molti casi nei quali il potere del Governo di valutare in autonomia se i trattati negoziati rientrano o meno nelle categorie di cui all’art. 80 Cost. è stato impiegato per eludere un intervento parlamentare manifestamente necessario. In alcune occasioni le Camere hanno accettato di sanare l’illegittimità della condotta governativa.
Il ricorso agli accordi in forma semplificata supera nettamente quello ai trattati soggetti a ratifica. La dottrina prevalente ritiene che i primi siano costituzionalmente legittimi ove non ricadano nel dominio dell’art. 80 Cost. La legge n. 839/1984 li ha sottoposti a un regime di pubblicità. Restano sottratti alle esigenze democratiche di conoscibilità e trasparenza gli accordi coperti da segreto e, spesso, quelli conclusi in forma non giuridicamente vincolante.
La legge di autorizzazione alla ratifica è polifunzionale: con essa il Parlamento esercita una funzione di controllo, una funzione di indirizzo politico e anche una funzione materialmente legislativa.
L’esame e l’approvazione della legge di autorizzazione alla ratifica segue il procedimento legislativo ordinario, con alcune specificità: per la sua delicatezza, è circondata da diverse garanzie (riserva d’Assemblea; inammissibilità del referendum abrogativo; tempi più lunghi di quelli ordinari per gli interventi durante la discussione generale e quella sui singoli articoli); iniziativa riservata al Governo, ma dalla XIII legislatura riconosciuta anche ai parlamentari; inemendabilità del trattato, del dispositivo di autorizzazione e dell’ordine di esecuzione.
La legge di autorizzazione alla ratifica, una volta approvata dalle Camere, promulgata ed entrata in vigore, non pone in capo al Governo un obbligo di proporre al Capo dello Stato l’emanazione della ratifica. Il Governo è padrone del se e del quando della ratifica, oltre che della denuncia e del recesso.