Ricordo che la lezione avrà inizio alle ore 15 in sala lauree
Qui sotto trovate il mio intervento e, a seguire, le sintesi dei Capitoli 6 e 7 del Manuale Curreri che spigherò lunedì 20.
Trattandosi di testi complessi, soprattutto il 7, ve li anticipo già con un certo anticipo in modo che possiate leggerli prima con calma quando avete tempo.
15 novembre Cheli
Le tre notazioni più importanti mi sembrano quella sulla scelta di riforme più delimitate, che quindi si prestino meglio ad essere valutate nel merito (p. 41); quella che a proposito di formule elettorali sostiene la preferibilità di sistemi misti, che consentano sia di fotografare sia di trasformare i voti esaminando vari correttivi maggioritari compreso un premio di maggioranza limitato (pp. 54-55) e quella sulla indifendibilità dell’attuale bicameralismo, le cui discutibili differenze interne sono ormai state ridotte in modo progressivo e decisivo, in ultimo con l’equiparazione degli elettorati (pp. 77-85)
Ferma la condivisione di questi pilatri di fondo, avrei poi due perplessità:
- a pag. 14 Cheli parla di Costituzione forte e di sistema politico fragile.
Mi permetterei di distinguere nella Costituzione tra una prima parte progressivamente più forte nel suo radicamento e una seconda debole nelle scelte organizzative. La seconda ha retto finché il sistema dei partiti è stato forte, ma quando esso è divenuto fragile lo scarto si è ampliato;
- a pag. 42 l’Autore sembra quasi equiparare le possibili riforme costituzionali all’ampliamento della scarna normativa oggi esistente sui partiti. Credo però che l’effetto conformativo delle norme costituzionali ed elettorali sia più forte di quelle interne sulla vita dei partiti e che pertanto vada mantenuta un’impostazione che dà alle prime un’importanza gerarchica maggiore, fermo restando che entrambe vadano perseguite e non necessariamente con una cronologia che rispecchi questa diversa importanza gerarchica. Un sistema elettorali che renda più diretto il rapporto tra eletti ed elettori e modifiche alla forma di governo che incentivino in modo non troppo rigido governi di legislatura, ispirandosi alle norme tedesche, avrebbero un effetto di rilegittimazione superiore alla pur sana regolazione interna dei partiti che concerne una minoranza di cittadini.
Nel complesso mi sembra che il testo ci offra una sensibilità di riformismo costituzionale ragionato e temperato di cui abbiamo bisogno per non finire schiacciati tra conservatorismi semplicisti e innovatori confusi, il vero rischio che incombe su di noi.
Capitolo VI Manuale MC
Si segnalano qui gli elementi più rilevanti.
Le questioni incidentali (p. 183) sono eccezioni alla procedura che la interrompono e si distinguono in formali (richiami al Regolamento, che sono i più frequenti, ed altri come quello relativo all’ordine delle votazioni) e richiedono una decisione del Presidente) e sostanziali (decisioni sospensive, pregiudiziali e preclusive) (p. 184).
La chiusura della discussione si ha o naturalmente per esaurimento degli interventi o in modo per così dire forzato tramite una richiesta di voto che la decisa, con evidente finalità anti-ostruzionistica (p. 185)., a meno che le assenze in Aula tra le fila della maggioranza non spingano, all’opposto, i gruppi di opposizione a votare per chiuderla in modo da passare direttamente ai voti sconfiggendo a sorpresa la maggioranza.
Il numero legale per la validità delle sedute con votazioni è in principio della maggioranza assoluta dei componenti, da cui però vanno detratti in modi diversi tra Camera e Senato i parlamentari in missione (pp. 186-188). Il numero legale è di norma presunto; la sua mancanza deve essere verificata con apposita richiesta e a fini anti-ostruzionistici i richiedenti vengono considerati presenti; in alcuni casi però, come nella votazioni qualificate, il numero legale è verificato ex post. La mancanza del numero provoca una sospensione della seduta e successive riconvocazioni.
La maggioranza ordinaria è quella relativa, in cui ai fini dell’approvazione i Sì devono essere maggiori dei no. In vari casi la Costituzione prescrive poi una serie di maggioranze qualificate superiori a quella ordinaria: le più frequenti sono la maggioranza assoluta dei componenti, quella dei tre quinti e quella dei due terzi (p. 191).
In passato, fino al 2017, al Senato l’astensione nel voto era considerata equiparata al voto contrario, ma poi è stata considerata come alla Camera un terzo genere, distinto dai Sì e dai No (p. 193).
La modalità più frequente di votazione dal 1988 è quella palese a scrutinio elettronico; le votazioni segrete obbligatorie su persone sono effettuate su scheda e dentro apposite cabine, quelle facoltative su richiesta in relazione ad alcuni diritti costituzionali sono con sistema elettronico (p. 195).
Le varie riforme regolamentari che si sono susseguite negli anni hanno limitato in modo piuttosto drastico le possibilità di ostruzionismo parlamentare in particolare grazie all’espansione dei poteri del Presidente (p. 201). E allo strumento del contingentamento dei tempi tra i gruppi (p. 202).
Ad integrazione va segnalato che il Manuale GL nella scheda di p. 205 chiarisce le materie su cui il voto segreto è a richiesta, materie che differiscono tra Camera e Senato (ad es. solo alla Camera si può chiedere il segreto su leggi elettorali e riforme costituzionali)-
Capitolo VII MC
Il capitolo inizia con l’iniziativa legislativa, ossia con la presentazione dei testi di legge-
Dal punto di vista quantitativo e qualitativo l’iniziativa più rilevante è quella del Governo (p. 203). Questo fatto, in sé, non è affatto un’anomalia nelle democrazie parlamentari in cui il Governo è il comitato direttivo della maggioranza, ossia in cui i gruppi dirigenti dei partiti di maggioranza si collocano al Governo e in cui le iniziative sono la conseguenza di programmi elettorali e di patti di coalizione. L’anomalia italiana è costituita dal fatto che l’iniziativa governativa prevalente ed efficace non sia quella di normali disegni di legge approvati in Cdm e poi autorizzati dal Pdr, che giungono in Parlamento allo stadio di progetti non ancora vigenti, ma dei disegni di legge di conversione dei decreti che costituiscono alla fine il settanta per cento circa dell’intera produzione normativa. Ciò è dovuto all’assenza di tempi certi per i normali disegni di legge, che invece quelli di conversione dei decreti hanno, visto il termine costituzionale di sessanta giorni per la conversione.
I dl di conversione sono di iniziativa riservata del Governo, come pure quello del ddl di bilancio e pochi altri (p. 204). Su di essi si esercita talora una moral suasion del Pdr per espungere dal testo norme di dubbia costituzionalità o eccessivamente eterogenee (p. 205).
L’iniziativa legislativa dei singoli parlamentari tende ad essere trasformata o sostituita dalla produzione di emendamenti ai ddl di conversione dei decreti (p. 205): infatti la loro mole a seguito del recepimento di emendamenti per lo più provenienti dai parlamentari di maggioranza o dal Governo medesimo, tende a crescere di più della metà nel corso dell’esame. Da segnalare negli ultimi anni la crescita di due fenomeni: i cosiddetti decreti matrioska o minotauro, ossia, attraverso emendamenti governativi, la confluenza di uno o più decreti in una legge di conversione originariamente destinata a convertire un altro decreto (sei casi nel primo anno di legislatura); il cosiddetto monocameralismo alternante per cui vengono accolti emendamenti sono nella prima Camera in cui il ddl di conversione deve essere esaminato, mentre l’altra si limita ad approvarlo senza modifiche, per lo più con lo strumento della fiducia (nessuna eccezione nel primo anno di legislatura).
A questo punto il Manuale si concentra sul procedimento legislativo ordinario, ossia sull’assegnazione e l’esame in sede referente (la Commissione riferisce all’Aula, che quindi poi in sostanza prosegue il lavoro con la stessa latitudine della Commissione su emendamenti, articoli e voto finale) (p. 209). Conviene chiarire qui le altre due possibilità alternative: il caso opposto, la Commissione in sede deliberante o legislativa, che fa tutto saltando l’Aula, e il caso intermedio, la sede redigente, in cui in Aula si votano solo articoli e voto finale, ma non più gli emendamenti.
Di norma l’assegnazione è ad una Commissione competente per materia; sui possibili conflitti decide il Presidente di Assemblea. Altre Commissioni possono esprimere pareri a quella di merito; particolare incidenza hanno i pareri obbligatori e vincolanti delle Commissioni-filtro, ossia la Affari Costituzionali e la Bilancio (p. 210).
Qualora la Commissione di merito non ne voglia tenere conto, se la Commissione è in deliberante o in redigente l’esame si sposta in Aula se è in referente deve motivare perché se ne discosta (Ivi).
Il fatto che un disegno di legge sia assegnato ad una Commissione non significa che essa lo debba esaminare; anzi, per la gran parte dei disegni di legge assegnati la discussione non viene nemmeno iniziata (nella XVIII legislatura 3.864 su un totale di 5.374 proposte di legge depositate, pari quasi al 72%).
L’esame degli emendamenti è soggetto ad una serie di limiti di economia procedurale in modo da non ritardare l’arrivo in Aula (p. 213)
L’esame in sede referente si conclude con la nomina del relatore per l’Aula (Ivi), a cui le minoranze possono affiancare uno più relatori propri (p. 214).
L’esame in Assemblea si compone di tre fasi: voto su eventuali questioni incidentali, discussione generale, discussione e votazione di articoli, emendamenti e voto finale (Ivi).
Concentrandoci su quest’ultima va ricordato che gli emendamenti possono essere soppressivi, aggiuntivi o modificativi (p. 218). A certe condizioni è possibile presentare anche sub-emendamenti, ossia testi che emendano emendamenti (Ivi).
Sulle inammissibilità di emendamenti decide il Presidente di Assemblea (p. 219).
Un organo importante, di tipo paritetico tra maggioranza e opposizione e con Presidenza a rotazione tra maggioranza e opposizione, che lavora sulla qualità dei testi normativi è il Comitato per la legislazione, attivo alla Camera dal 1998 e in Senato da questa legislatura (pp. 220-221). Esso si è trovato in particolare a intervenire – pressoché sempre all’unanimità – su varie anomalie legate alla decretazione d’urgenza (eterogeneità, decreti matrioska) cercando di contenerle e di ridurle.
Prima di ciascun voto i relatori e i rappresentanti del Governo esprimono il loro parere, anche e soprattutto al fine di orientare le scelte dei parlamentari, in ciò supportati anche dai segretari d’Aula di ciascun Gruppo che forniscono indicazioni puntuali al fine di far rispettare la disciplina di partito (p. 225).
Il voto sull’articolo avviene al termine di quello dei relativi emendamenti; per questi ultimi il criterio è di votare per primi quelli più distanti dal testo che viene emendato (Ivi).
Tra le varie tecniche anti-ostruzionistiche per assicurare il rispetto dei tempi c’è il potere discrezionale del Presidente di modificare l’ordine delle votazioni, che può portare anche alle cosiddette votazioni riassuntive per principi, ossia ad un voto su un testo deciso dal Presidente che preclude tutti gli altri emendamenti in materia (p. 226).
Il Governo tende spesso a presentare in Aula uno o più maxi-emendamenti per semplificare l’approvazione del testo, ponendo su di esso (essi) la questione di fiducia.
La promulgazione presidenziale è da ritenersi sostanzialmente scontata sulle leggi di conversione, onde evitare la decadenza di tutte le norme originarie del decreto, ma spesso è accompagnata da varie riserve del Pdr che invita pro futuro a modifiche e che, in tal modo, mette anche in allerta la Corte costituzionale (p. 228). Anche il rinvio presidenziale delle leggi è ormai recessivo e sostituito da una moral suasion informale e preventiva.
Nel caso di modifiche introdotte dalla seconda Camera, la navette avviene esclusivamente sulle parti modificate (p. 229).
Chiarito così l’iter normale, quello più frequente, che parte dalla Commissione referente, il Manuale si concentra sulla legislativa (o deliberante) che non è però applicabile a una serie di materie individuate da Costituzione (a partire dall’art. 72 ultimo comma) e Regolamenti che prescrivono una corposa e importante riserva di Assemblea (p. 230). Usata in modo eccessivo in decenni passati per la legislazione di spesa, lo spazio ad essa concesso è ormai residuale anche perché la gran parte della produzione è conversione di decreti per la quale vi è la riserva di assemblea e perché i vincoli europei e interni sul debito precludono una sua espansione incontrollata (p. 235).
Più complessa la spiegazione della redigente (la cui scelta è comunque reversibile con la possibile rimessione in Assemblea, esattamente come per la deliberante-legislativa. Di norma al Senato il Presidente sceglie la soluzione che riserva all’Aula votazione finale e voto sugli articoli, mentre l’esame degli emendamenti si esaurisce in Commissione (p. 235); alla Camera decide l’Assemblea dopo un primo esame in sede referente e dopo la discussione generale in Aula (p. 236). In realtà questa procedura complessa, immaginata per testi molto dettagliati di difficile esame complessivo in Aula, è scarsamente usata perché è stato trovato l’equivalente funzionale più semplice della delega legislativa (p. 238).
Il Manuale si concentra poi sulla conversione dei decreti, che qui si è già anticipata nelle note precedenti, Da segnalare che di norma questi ddl sono composti da un unico articolo a cui è allegato il decreto da convertire (p. 238).La Corte costituzionale è intervenuta in vari casi per cercare di arginare il fenomeno: proibendo la reiterazione dei medesimi (1996), chiarendo che l’approvazione della legge di conversione non può sanare l’assenza dei presupposti (2007 e 2008) e che può essere censurata l’eterogeneità degli emendamenti inseriti in sede parlamentare (2011) (p. 242). Al Senato vi è una maggiore prevedibilità perché si applica il contingentamento dei tempi, che non si usa invece alla Camera (p. 244).
Per ciò che concerne la procedura relativa alla delega legislativa il Manuale ci ricorda anzitutto i vincoli dell’art. 76 Cost (p. 245). In concreto le leggi di delega prevedono un intervento parlamentare non solo nel momento in cui essa viene votata, ma anche in seguito, sotto firma di parere delle Commissioni parlamentari competenti, spesso obbligatorio ma mai vincolante (p. 246) sulla bozza predisposta dal Consiglio dei Ministri.
E’ poi illustrata la sessione di bilancio, a cui dedicheremo un approfondimento ad hoc. Importante è segnalare che da vari anni questa sessione è inquadrata dentro precisi vincoli europei e quindi predisposta in dialogo costante con le istituzioni europee, nonché dentro i vincoli stabiliti dall’art. 81 della Costituzione novellato nel 2012, che consente a determinate condizioni il ricorso all’indebitamento purché approvato a maggioranza assoluta dalle Camere (p. 248).
Il primo semestre dell’anno è prevalentemente europeo (p. 250), mentre nel secondo si concentra il lavoro prevalentemente interno a partire entro fine settembre dall’approvazione della Nota di Aggiornamento del Def (documento di Economia e Finanza), ossia la cosiddetta Nadef (ivi), mentre il ddl di bilancio dovrebbe essere presentato entro il 20 ottobre (p. 251).
Da vari anni il lavoro emendativo si concentra in Commissione, mentre in Aula si procede solo all’approvazione di alcuni maxi-emendamenti, di norma riproducendo gli esiti del lavoro di Commissione (p. 256). Negli ultimi anni, a partire dal Conte 2, il cosiddetto monocameralismo alternato tende ad estendersi in modo anomalo anche alla legge di bilancio.
Nella parte finale del Capitolo il Manuale ci ricorda i passaggi necessari (ameno 4) delle leggi costituzionali e di revisione costituzionale. Negli ultimi due passaggi, dopo che il testo si è consolidato tra Camera e Senato, si tratta solo di votare Sì o No, senza emendamenti (p. 257). L’approvazione a due terzi dei componenti, la più alta delle maggioranze qualificate, preclude la richiesta di referendum; essa è invece possibile qualora l’approvazione avvenga a maggioranza assoluta dei componenti.
Sulla sessione di bilancio può essere molto utile la scheda di pagg. 312/313 del Manuale GL e così pure quella sulla riforma dell’art. 81 a pag. 314.