E’ possibile cominciare a compilare il questionario di valutazione,
codice Opis C9JRCQCH
Qui la registrazione della lezione di lunedì 20
Qui il mio intervento alla presentazione del volume della dottoressa Stegher
“Regolamenti parlamentari: natura e funzioni”
Il primo aspetto più rilevante è dato dall’inquadramento cronologico per fasi, che consente di inquadrare bene un’evoluzione dei Regolamenti che, altrimenti, essendo sempre perseguita in modo incrementale, risulta poco comprensibile.
La prima fase è quella 1971-1992 (p. 5) che parte dalla scelta dell’integrazione tra forze originariamente eterogenee attraverso il principio guida dell’unanimità e che poi inserisce man mano dei correttivi a tale logica per rendere più efficiente il sistema, primo per importanza la limitazione del voto segreto nel 1988 (p.6), affermando un “maggioritarismo di funzionamento”, ossia attribuendo alla maggioranza che si forma dopo il voto alcune prerogative significative.
La seconda, 1992-2013, è segnata da alcune conseguenze a cascata del maggioritarismo di composizione” varato a partire dalle nuove leggi elettorali, anche col superamento del principio di unanimità a favore della maggioranza al Senato e del Presidente della Camera a Montecitorio (p. 7) .
La terza, quella post 2013, è stata segnata soprattutto da riforme incisive al Senato, anche per tenere conto in modo significativo della riduzione dei parlamentari, di contro al minimalismo della Camera (p. 8).
Il secondo aspetto più originale (pp. 85-86) è la demistificazione della narrativa secondo cui ci sarebbe stata dal 1976 una convenzione costituzionale interrotta nel 1994 secondo cui la Presidenza della Camera sarebbe andata all’opposizione: in realtà Ingrao nel 1976 era di un partito che iniziava la legislatura con l’astensione e che si avviava a entrare in maggioranza; Jotti era l’esponente di opposizione più vicina alla maggioranza e Napolitano nel 1992 l’esponente di un partito che l’anno dopo con tutta probabilità sarebbe entrato in maggioranza. Per di più dopo i poteri concessi alla Presidenza della Camera sulla programmazione nel 1997 nessuna maggioranza concederebbe mai tale carica all’opposizione (p. 86).
Il terzo aspetto è la collocazione dell’esperienza italiana, che è quella della assunzione di un certo primato del Governo come comitato direttivo della maggioranza tramite strumenti patologici (decreti, maxi-emendamenti, fiducie, monocameralismo alternante, prassi non create dalla pandemia ma accentuate da essa e rivelatesi non reversibili, pp. 430-432), dentro un contesto comparato. Il contesto ci rivela appunto che nelle democrazie parlamentari efficienti, tutte segnate dalla prevalenza della Camera elettiva, il ruolo direttivo della maggioranza si manifesta invece in modo fisiologico tramite disegni di legge con tempi certi di approvazione e quindi con limiti chiari di emendabilità nei tempi e nei modi. Ovviamente, però, gli ultimi anni di turbolenza istituzionale hanno segnato anche qua e là delle prassi anomale, simili a quella italiane, però rivelatesi per lo più contingenti. Così in Spagna con elezioni ripetute, Governi in prorogatio e crescita dei decreti, finché il sistema non si è riassettato con una coalizione per la prima volta bipartitica (pp. 338-339); così in Francia con un uso molto più accentuato della procedura semplificata del 49.3 dopo le elezioni legislative del 2022 che hanno prodotto solo una maggioranza relativa (p. 384; tuttavia le possibilità di utilizzazione del 49.3 sono state ristrette dalla riforma costituzionale del 2008); così anche nel Regno Unito con la difficile applicazione della Brexit e la novità provvisoria del Governo di coalizione (p. 394), poi rientrato anche nelle sue conseguenze costituzionali relative al potere di scioglimento (p. 434). Il lavoro da fare, accompagnato dalla dottrina, dovrebbe pertanto consistere nel sostituire la patologia con questa fisiologia ricostruibile dalle esperienze comparate.