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Si è svolta ieri l’Assemblea del Pd, senza ancora un Governo stabilizzato (e con ancora più di qualche dubbio sulla sua effettiva stabilizzazione) e già in piena campagna per le amministrative di giugno.

In queste condizioni era ragionevole, come si è deciso all’inizio della seduta, fare un’Assemblea come momento di tregua e di discussione in libertà senza eccessive polarizzazioni in attesa che il quadro si chiarisca.

Tregua non tanto tra questo e quel leader, ma tra due chiavi di lettura molto diverse del ruolo del Pd nel sistema come sta riconfigurando: delle due linee di frattura, entrambi presenti, pesa di più oggi quella tra sovranisti illiberali e europeisti liberali o quella tra destra e sinistra? Si tratta di fare un’opposizione soprattutto liberale europeista o di sinistra? L’una cosa non è esclude l’altra, ma non può non esistere una gerarchia data da una lettura della realtà, Lo spiegano bene soprattutto Emilia Patta sul Sole e Nino Bertoloni Meli sul Messaggero. Ma tra poco ci torniamo.

Una volta fatta questa scelta di tregua, certo opinabile, non aveva molto senso organizzare claques, fischiare oratori, e, credo, neanche mettere in votazione una relazione.

Per di più nessuno aveva fatto un intervento in aula contro quella decisione, alcuni si sono solo limitati a votare contro senza motivare. Una posizione trasversale anche comprensibile per chi era venuto da fuori e si aspettava decisioni immediate, ma una volta che quella decisione era stata presa andava rispettata.

O è una tregua e quindi si rinvia qualsiasi decisione all’Assemblea seguente, quindi qualsiasi votazione, o non lo è. Il principio di non contraddizione dovrebbe valere anche in politica. La semi-tregua in politica e in logica non esiste.

Nel prossimo post riprendo quindi il nodo delle due fratture.

Qui sotto i link agli articoli di Patta e Bertoloni

 

patta-pd

bertoloni-pd

 

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