In Diario, Senza categoria

Giorgio Tonini replica così su Facebook in modo molto originale (tra poco spiego perché) all’illuminante testo di Claudio Petruccioli pubblicato qui:

PD al bivio E 5S non sono una scatola di Lego

“In vista dell’Assemblea nazionale del Pd, Claudio Petruccioli ha scritto su Twitter che “Il contratto dimostra come la convergenza fra M5S e Lega sia ampia e fondata. È in questo senso una cosa seria e dimostra che dal voto del 4 marzo non poteva nascere governo diverso. Spero che il Pd cominci a discutere da questo dato di fatto”. A Petruccioli ha risposto, sempre su Twitter, il nuovo direttore del Mulino, Mario Ricciardi: “A mio avviso dimostra invece che quella del M5S è un’identità politica flebile, che cede nel confronto con chi ha idee (sbagliate ma) forti. Quindi lo spazio per una maggioranza diversa c’era. Ma il Pd avrebbe dovuto rinunciare a sedersi sulla riva del fiume…” Per una volta, non sono d’accordo col mio amico Petruccioli e condivido invece la posizione di Ricciardi. Mi ha colpito il fatto che il M5S abbia svolto un ruolo “moderatore” nei riguardi della Lega, in particolare, ma non solo, sulla politica estera e su quella europea. Penso che non aver almeno provato ad offrire a Di Maio un’alternativa, sia stato un errore storico da parte di Renzi. Del resto, noi avevamo ed abbiamo bisogno di ripartire dalla constatazione che la nostra linea di governo (il “sentiero stretto” di Padoan e di Draghi, di Renzi e Gentiloni, ma anche di Morando e, si licet parva… di Tonini) è stata sonoramente bocciata dagli elettori, al Sud come al Nord, almeno quanto il M5S ha bisogno di un bagno di realismo. Potevamo quindi confrontarci, non per incontrarci a metà strada, ma per tentare insieme una terza via, quella della riforma europea alla Macron, come perno sul quale provare a risolvere il rompicapo italiano, irrisolvibile sul piano esclusivamente nazionale. Perché non possiamo fare più avanzo primario (siamo al 2 per cento, dovremmo arrivare al 5, dice Cottarelli, per una gestione del debito che voglia essere risolutiva), perché gli elettori non vogliono saperne, ma non possiamo neppure lasciarci andare ad una nuova stagione di deficit spending, come vorrebbero i due vincitori, perché non ce lo consente il debito. E d’altra parte, la saggia posizione di Padoan è stata bocciata dagli elettori perché troppo lenta. Quindi, aprire un tavolo col M5S non sarebbe stato un cedimento al loro populismo, ma un comune confrontarsi col principio di realtà. E invece, abbiamo avuto paura e ci siamo rinchiusi a riccio nella consolatoria posizione del “tocca a loro”. Abbiamo rifiutato non l’accordo, che era certamente difficile e forse impossibile, ma perfino il confronto, che avrebbe comunque dato un ruolo e un peso alle nostre ragioni. Abbiamo preferito spingere il M5S nelle braccia della Lega, favorendo lo scenario peggiore: per il paese, se i due gemelli diversi andranno a sbattere insieme; per il Pd, se i dioscuri troveranno un passaggio a Nord-Ovest che gli consenta di quadrare il cerchio tra populismo ed europeismo, come ha saputo fare Tsipras. Ora il Pd è diventato irrilevante, come la maggior parte, ahimè, dei partiti socialisti europei: a differenza di Macron, non siamo riusciti a battere i populisti in campo aperto e non siamo neppure riusciti a condizionarli nella gestione della loro vittoria. Di tutti i nostri birilli, è rimasto in piedi il solo Mattarella, grazie all’usbergo costituzionale. Non a caso di noi non si parla più, se non per le nostre incomprensibili, stucchevoli e appunto irrilevanti diatribe interne su segreterie a tempo e calendari congressuali. Come è giusto, taglio basso nelle pagine interne..”

Mi permetto di rilevare due tipi di problemi per i quali secondo me, invece, regge benissimo la linea proposta da Petruccioli e per cui invece il testo di Tonini ha una seria contraddizione interna.

Il primo riguarda tutti coloro che hanno proposto un confronto col M5S. In politica esistono i rapporti di forza e non bisogna mai essere mossi da un complesso di superiorità culturale per il quale siccome si ha per forza ragione, anche gli altri, pur avendo forze maggiori, finiranno per arrendersi provvidenzialisticamente, (paternalisiticamente scrive Fabbrini) alle nostre tesi. Qui siamo in presenza di un rapporto di forze 2 a 1 a favore del M5s e a un’organizzazione coesa in modo militare, dal garante a vita (Grillo) al gestore della piattaforma privata senza controllo (Casaleggio).

Il secondo, invece, riguarda solo il ragionamento di Giorgio Tonini, la cui posizione è del tutto peculiare (e forse questo è una parte del problema). Tonini è l’unico, mi pare, degli aperturisti verso il M5S che parte dal giusto presupposto che la linea divisoria europeisti-sovranisti sia quella in questa fase più rilevante (rinvio agli illuminanti testi di Fabbrini, De Giovanni e Cominelli) e si propone di “convertire” il M5s facendo adottare da esso una linea non ma addirittura opposta a quella sostenuta nei programmi elettorali (quando mai è accaduto?) cosa improbabile tanto più se quello si considera oggettivamente il tema cruciale.

Viceversa pressoché tutti gli altri esponenti del Pd aperturisti verso il M5s non ragionano affatto come Tonini, ma pensano invece, del tutto all’opposto, che l’asse destra-sinistra sia quello decisivo (non quello sovranisti-europeisti) e che il M5s sarebbe un possibile partner perché avrebbe posizioni più vicine alla sinistra tradizionale, comprese quelle di fare più debito pubblico a livello nazionale. Si tratta infatti dei settori del Pd che non la pensano tanto diversamente dal M5s sull’equilibrio di bilancio in Costituzione, che in nome della lotta al liberismo rivela anche un certo deficit di cultura liberale che si riversa anche nel giustizialismo.

Insomma, se fosse prevalsa l’apertura proposta da Tonini ciò avrebbe visto prevalere nel Pd posizioni che sarebbero andate a sostenere al tavolo posizioni di merito opposte a quelle di Tonini, che avrebbero spinto il Pd nelle mani degli argomenti sbagliati del M5s e non viceversa.

Per fortuna, quindi, anche di Tonini e della sua giusta affermazione di partenza sulla centralità della linea di frattura sovranisti-europeisti quel rischio è stato evitato e il Pd, pur all’opposizione, non ha snaturato la sua posizione sulla questione politica chiave. Evidentemente bisognerà trovare il modo di spiegarlo in modo nuovo se gli elettori non ci hanno premiato, ma almeno, specie dopo il disvelamento della prima bozza di accordo, perfettamente coerente coi programmi elettorali di Lega e M5s, possiamo farlo nello scontro tra posizioni chiare e non conciliabili.

Per questo è doveroso leggere dopo Petruccioli anche i testi di Fabbrini, De Giovanni e Cominelli.

fabbrini-governo

de-giovanni-italia-ue

cominelli-pd

Recent Posts
Comments
  • Raffaella Petrilli
    Rispondi

    Mi sembra normale che la sconfitta elettorale susciti l’analisi, ma da quanto sto leggendo in queste ore mi sembra che l’analisi rischi di configurarsi come i proverbiali “conti senza l’oste”. Mi spiego partendo dalla nota n. 2, qui sopra. Alla domanda su che cosa sarebbe successo se il PD si fosse confrontato coi 5S, si danno due risposte: la prima è che il PD avrebbe potuto spingere il M5S a un comportamento più virtuoso (“confrontarsi col principio di realtà”, Tonini, Ricciardi); la seconda è che il M5S avrebbe fatto riemergere nel PD posizioni tradizionali (illiberali e giustizialiste). Ciò che non mi convince fino in fondo in entrambe le risposte è il modo di inquadrare il M5S, piegato (in mondo opposto) alle visioni di chi risponde. Insomma, mi sembra che manchi un’idea realistica di che cosa sia il M5s, quali pulsioni sociali lo abbiano nutrito fino al successo attuale. Se la mia impressione fosse corretta, ne deriverebbe che la discussione sul che fare ora sarebbe carente, proprio perché basata sulla lettura incompleta dei dati con cui fare i conti.

Leave a Comment

Contatti

Scrivi una mail a stefano

Not readable? Change text. captcha txt