Legge elettorale e questioni di costituzionalità
Il principale effetto collaterale negativo delle due sentenze della Corte costituzionale sulle leggi elettorali politiche è che ogni volta che si discute di questa materia ognuno cerca di squalificare le opinioni e le proposte altrui che non condivide nel merito come incostituzionali, anche quando le suddette sentenze dicono il contrario.
Quella di trasformare i dissensi di merito in polemica sulla costituzionalità è la tentazione costante dei costituzionalisti, una classica deviazione professionale. Ma sino alle sentenze della Corte su questo terreno non si manifestava perché quasi nessuno si occupava davvero della materia. Anzi, bisognava stare attenti da costituzionalisti a occuparsi di leggi elettorali perché si rischiava di essere bollati come politologi (e di conseguenza bocciati ai concorsi). Solo i pochissimi ordinari esperti della materia, giunti ormai al vertice della carriera, godevano della libertà di intervenire in questo ambito, osando persino pubblicare tabelle sul rendimento effettivo dei sistemi.
Ora invece non si vive più. Si è costantemente costretti a rispondere alle domande più improbabili sull’incostituzionalità di questa o quella scelta, dove invece servirebbe un confronto di merito tra più opzioni possibili, tutte dietro il perimetro di una Costituzione che non aveva voluto irrigidire nessun sistema.
Tre esempi vengono in mente in questi giorni.
Il primo sono le liste bloccate corte, improvvisamente oggetto polemico spesso di chi, al contempo, rimpiange le leggi Mattarella, che alla Camera prevedevano appunto la stessa cosa. La sentenza 1/2014 aveva tolto di mezzo le liste bloccate lunghe della Calderoli, così lunghe che non erano stampabili sulla scheda perché rendevano impossibile un rapporto effettivo tra eletti ed elettori. Nel contempo ha però lasciato piena libertà al legislatore di scegliere tar preferenze, collegi uninominali e liste bloccate corte. E’ scritto nero su bianco, ma qualcuno fa finta di non leggere.
Il secondo è il voto unico per candidato uninominale e lista di partito, un’altra delle opzioni del cosiddetto Rosatellum-bis. Scelta opinabile, per carità, ma non trovo in Costituzione un diritto fondamentale al voto disgiunto che, peraltro, si usa in Comuni e Regioni per disgiungere la scelta diretta del vertice dell’esecutivo da quella di un rappresentante nell’assemblea elettiva. Se invece devo scegliere eletti che confluiscono nella stessa Camera perché dividere il voto? Non si rischia di rendere più probabile la formazione di maggioranze incerte, anche per possibili accordi tra candidati uninominali di uno schieramento e altri presenti in liste diverse? Il governo parlamentare ha già così tanti problemi, specie in Italia, per individualismi e trasformismi, che forse si può evitare di incentivarli ulteriormente. Se nonostante tutto questo si vuole provare, all’opposto, ad argomentare di una scelta maggiore dell’elettore che sarebbe offerta col voto disgiunto, si tratterebbe comunque di argomenti politici, non di costituzionalità.
Il terzo è la soluzione che il medesimo progetto prevede per quegli elettori che hanno votato solo per il candidato nel collegio uninominale e per nessuna delle liste apparentate. In tal caso, ove si colleghino più liste, valgono le scelte espresse dagli elettori della medesima coalizione. Se ci sono due liste, una col doppio dei voti dell’altra, se i votanti della coalizione che hanno espresso un’opzione solo per il candidato nel collegio fossero tre, due andrebbero alla prima lista e uno alla seconda, rispecchiando le proporzioni già esistenti. Dal momento che la nostra Costituzione afferma che il voto deve essere “uguale” (art. 48) mi permetterei qui di capovolgere l’argomento. Se si sceglie a monte il voto unico tra collegio e lista, scelta opinabile, questa mi sembra l’unica opzione costituzionale. Infatti le altre violano il principio del voto uguale. Cosa posso fare in alternativa? Se c’è un’unica lista che corrisponde al candidato e l’elettore non ha votato la lista, dovrei forse annullarla negando l’evidenza? Ma a quel punto favorirei chi si apparenta a una lista unica. E quindi per far pesare tutti nello stesso modo devo far pesare tutti i voti di tutti su entrambe le parti della scheda. E’ poi un po’ paradossale che venga indicata al pubblico ludibrio questa normativa con l’analogia dell’otto per mille delle confessioni religiose, come se quelle non fossero normative che più Governi hanno negoziato con le varie confessioni e che vari parlamenti hanno approvato, ritenendola sin qui pertanto come costituzionale e giusta nel merito.
Riusciremo a discutere più di merito e meno di vincoli costituzionali, spesso presunti? Speriamo.