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Referendum: Ceccanti, le due scelte qualificanti della riforma costituzionale

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By Stefano Ceccanti
 Posted giovedì 29 Settembre 2016
 In Diario
Referendum: Ceccanti, le due scelte qualificanti della riforma costituzionale2016-09-292018-02-11http://stefanoceccanti.it/wp-content/uploads/2018/02/sc-logo-simple-firm.pngStefano Ceccantihttp://stefanoceccanti.it/wp-content/uploads/2018/02/sc-logo-simple-firm.png200px200px
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“Si vota pro o contro la riforma costituzionale, non sul governo o sui partiti”, per cui è importante informarsi bene sui contenuti e non dare “un voto fideistico o di appartenenza”. Lo ha detto Stefano Ceccanti, ordinario di diritto pubblico comparato all’Università La Sapienza, intervenendo al seminario di studio e approfondimento sul referendum promosso oggi a Roma dalla Consulta nazionale delle aggregazioni laicali (Cnal) e da Retinopera. Secondo Ceccanti, la riforma risponde innanzitutto all’esigenza di superare il rischio costante (dal ‘94 in 4 consultazioni elettorali su 6) di avere nei due rami del Parlamento maggioranze diverse, esigenza che si è manifestata in modo “quasi drammatico” dopo le ultime elezioni politiche, quando non si riusciva né a fare il governo né a eleggere il presidente della Repubblica. Il superamento del “bicameralismo perfetto” è quindi una scelta qualificante della riforma, che assegna alla sola Camera il potere di dare la fiducia al governo. Evitare che il Senato sia un “inutile doppione”, come ha sostenuto Ceccanti citando il costituzionalista Costantino Mortati, conferisce all’esecutivo una stabilità sempre più necessaria anche a livello internazionale e interviene alla radice sul “livello di follia” che è stato raggiunto dal nostro iter formazione delle leggi.

Ma allora perché non abolire del tutto il Senato? La spiegazione di Ceccanti è che sia fondamentale avere un’assemblea in cui siano rappresentati i legislatori regionali (come diventerebbe il Senato con la riforma ) e che riduca drasticamente il contenzioso con lo Stato. “Sembra una questione molto tecnica – ha osservato il giurista – ma bisogna tener conto che questo contenzioso impegna il cinquanta per cento dell’attività della Corte costituzionale e crea una prolungata incertezza nell’applicazione delle leggi”.
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