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Sunto della seconda lezione di Diritto parlamentare: la visita al Senato e alla Commissione Bilancio

 

Dopo la visita di rito presso Palazzo Madama, entriamo nel cuore della lezione, ossia uno specifico approfondimento sul tema della “legge di bilancio”, proprio all’interno della Commissione bilancio del Senato. Qui ci viene illustrato, dal Presidente della stessa, Giorgio Tonini, e dalla sua collaboratrice Francesca Petrini, tutto l’iter di “costruzione”, prima del Documento di Economia e Finanza (DEF), poi della Legge di bilancio vera e propria (ex Legge di Stabilità).

 

Innanzitutto è doveroso ricordare un dato storico: quelle in materia economico-finanziaria sono le “decisioni principe” sulle quali hanno preso sostanza le istituzioni parlamentari liberali; pensiamo ad esempio al celebre principio “no taxation without representation” e a tutto ciò che esso comporta. E tali decisioni, senza ombra di dubbio assumono ancora oggi una rilevanza dirimente nella vita di uno Stato.

 

Tornando al tema vero e proprio, urge una precisazione concettuale preliminare: la “decisione di bilancio” si esprime propriamente all’interno di un documento, il DEF, piuttosto che dalla Legge di bilancio, ossia lo strumento “contabile” previsto dall’art. 81 della Costituzione, che arriva soltanto dopo.

 

Quindi nel DEF (che sarà deliberato dal Consiglio dei Ministri e poi trasmesso in Parlamento), tenendo conto del “ciclo economico”, si delineano quelle che sono le politiche economico-finanziarie dell’esecutivo, da sottoporre poi all’attenzione dei rappresentanti dei cittadini e ovviamente degli addetti ai lavori (vedasi, appunto, la Commissione) che ne delineano i confini di manovra. Tutto l’iter è caratterizzato, come peraltro abbiamo già visto nella prima lezione, da una tassativa rigidità di timing legislativo

 

In altre parole, il Documento di Economia e Finanza serve a fotografare la situazione economica attuale e a prevedere gli obbiettivi da raggiungere l’anno successivo. La Legge di bilancio invece, che segue di pochi giorni il DEF, ha proprio lo scopo di realizzare gli obbiettivi previsti in quest’ultimo. Inoltre, dalla modifica del 2011 all’art. 81, non è più necessario solo il pareggio di bilancio “nominale” (entrate e uscite a somma zero) ma è fondamentale anche l’equilibrio “strutturale”, che tiene conto della situazione economica del Paese. Questo proprio in virtù della crescente centralità del diritto europeo all’interno degli Stati membri. E proprio su questo punto si è aperto alla fine un inevitabile dibattito in Commissione fra gli studenti e i relatori. Lo stesso Tonini ha espresso il suo punto di vista sul fatto che il nostro Paese si trovi imbrigliato, e che di ciò ne soffra più degli altri, fra quei vincoli europei che lo tengono sospeso fra due “burroni”, quello del debito e quello della regressione.

 

Qui il discorso verte indubbiamente sulla necessità o meno di allargare questi vincoli, alla ricerca di obiettivi di medio-lungo termine (attraverso “debiti buoni”, citando Tonini), a scapito di obiettivi a breve termine. Questa prospettiva è senz’altro difficile da inquadrare a causa degli atteggiamenti, storicamente congeniti, di due “grandi” come Germania e Francia. L’una, da sempre senza fiducia su una concreta possibilità di crescita e sviluppo da parte della “cicala italiana”, e in cui, per di più, il proprio vocabolario stabilisce che debito e colpa si dicano alla stessa maniera (Schuld); l’altra, fortemente reticente a ulteriori cessioni di sovranità e con un sistema politico decisamente “minato” da forze nazionalistiche e euroscettiche.

 

P.S. Proprio in serata, mentre scriviamo, è stato approvato a poche ore dalla scadenza il DEF in Consiglio dei Ministri tanto atteso dalla Commissione UE per la valutazione.

 

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