In Diario

Audizione presso la Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati sulla legge elettorale, cd. “Italicum”, il 15 aprile 2015

TOMMASO EDOARDO FROSINI
Ordinario di diritto pubblico comparato nell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli

Grazie, presidente. Saluto lei e la signora Ministro e ringrazio per l’invito. Anche io molto rapidamente cercherò di stare nel tempo assegnatomi.
  Vorrei partire da un’osservazione. Secondo la cultura istituzionale politica anglosassone, un sistema elettorale serve a fare una maggioranza e un governo. Ora, è chiaro che questa è un’impostazione molto radicale, difficilmente adattabile in società non pienamente omogenee come la nostra. Allora, qual è la finalità di una legge elettorale? Forse questo è un punto sul quale non si è sufficientemente riflettuto. Ci si è concentrati sulle tecnicalità, sull’eventuale incostituzionalità della legge, ma quale deve essere la finalità?
  La finalità, a mio avviso, secondo una dottrina ormai unanimemente riconosciuta, è quella di conciliare, di favorire un equilibrio fra la rappresentanza e la governabilità. Questo è il sistema al quale oggi mirano le democrazie contemporanee, ossia cercare, attraverso la legge elettorale, di mettere insieme due valori costituzionali: la rappresentanza e la governabilità.
  Ebbene, se questo deve essere l’obiettivo, credo che la proposta di legge all’esame di questa Commissione colga nel segno. Ciò perché con il premio valorizza l’aspetto della governabilità; il premio è finalizzato a consentire il formarsi di una maggioranza che poi dia concretezza all’attività di un governo che diventa direttivo della maggioranza. Tuttavia, la proposta salvaguarda anche il principio della rappresentanza, perché è un sistema elettorale proporzionale, quindi favorisce la pluralità della rappresentanza politica. Addirittura la stessa clausola fissata al 3 per cento favorisce l’ingresso in Parlamento delle minoranze.
  Quindi, se è condivisa l’idea che un sistema elettorale debba servire oggi, in Italia, a favorire l’equilibrio di questi due princìpi costituzionalmente rilevanti, addirittura direi dei valori costituzionali, la rappresentanza e la governabilità, io credo che questa legge riesca perfettamente a cogliere questa sintesi fra due concezioni che apparivano tendenzialmente divaricate, se non opposte: o si privilegiava la rappresentanza o si puntava eccessivamente sulla governabilità.
  L’idea di una legge proporzionale che con un premio favorisce la governabilità e con il proporzionalismo della distribuzione dei seggi favorisce la rappresentanza, a mio avviso, va a merito del legislatore per essere riuscito a indovinare la sintesi fra i due princìpi.
  Sui profili di legittimità costituzionale non mi soffermo. Non credo che il testo presenti problemi di legittimità costituzionale e debbo dire – lo dico anche con rispetto verso i colleghi – che non mi piace questo gioco di ragionare in termini di giudizio preventivo di costituzionalità, ognuno assumendosi un po’ le vesti del giudice costituzionale e andando a vedere, rispetto al parametro della sentenza n.1 del 2014, quali vulnus ci sarebbero in termini di costituzionalità. La n.1 del 2014 è una sentenza che fa storia a sé e, a mio avviso, difficilmente potrà ripresentarsi una situazione analoga, specialmente con questo tipo di legge.
  Vengo ad altri punti molto rapidamente. Un altro aspetto che forse occorre evidenziare è che la legge elettorale è più un atto politico che una legge in senso stretto, perché – lasciatemelo dire secondo una nota espressione kelseniana – è la Grundnorm, la norma fondamentale della costituzione materiale. La costituzione materiale si regge sulla base della legge elettorale, perché la legge elettorale a cascata determina la rappresentanza, la formazione dei partiti politici, l’esercizio della sovranità popolare, la formazione del Parlamento. Attraverso la legge elettorale vengono in essere e si concretizzano una serie di princìpi e istituti costituzionali, quindi essa ha una sua rilevanza, di natura politica, talmente forte e significativa che, a mio avviso, la dovrebbe sottrarre da un sindacato di costituzionalità, salvo questa eccezione. Infatti, per la prima volta nella storia della giurisprudenza costituzionale, si è proceduto a valutarne la legittimità.
  Mi rendo conto che ci sono delle criticità. Non sono venuto in questa sede a fare l’elogio o l’apologia della legge elettorale. Dico anche, con un minimo di realismo politico – che non mi appartiene, e lo dico sottovoce essendo stato chiamato qui come esperto e non avendo alcun incarico di natura politica – che è chiaro che se questa legge dovesse essere rimessa in discussione presso quest’Aula verrebbe meno il voto al Senato e verrebbe meno tutta quella operazione di cercare un momento di aggregazione intorno a una scelta della legge elettorale, che è fondamentale. Diversamente si andrebbe a votare con quel modello di legge elettorale disegnato sulla base della normativa di risulta dalla sentenza della Corte costituzionale, come giornalisticamente viene richiamato, il «Consultellum».
  Delle criticità la più evidente, secondo me, è la pluralità delle candidature, anche perché interrompe il rapporto diretto con gli elettori del collegio plurinominale, cioè l’idea che in qualche misura la pluralità delle candidature fa venir meno questa intenzionalità che era quella di accentuare un elemento che finora era venuto meno, cioè il rapporto diretto con gli elettori.
  Sulla clausola di sbarramento del 3 per cento, anche questa molto criticata perché ritenuta troppo bassa, sarei meno critico, francamente. Ogni clausola ha la sua ragione nel sistema politico e nel contesto storico-politico di quel dato contingente. Da noi, in questo momento, la clausola è del 3 per cento, ma chi ha detto che deve essere il 5 per cento, secondo il modello tedesco ? Non è che quella sia la clausola migliore e più giusta per definizione, solo perché l’ha adottata la Germania. Lì l’hanno adottata perché hanno ritenuto che il 5 per cento fosse l’asticella da superare in quel contesto del sistema politico. Nel nostro, magari, potrà andare bene il 3; forse frammenterà un pochino, ma comunque la cosiddetta «governabilità» può essere favorita invece dal premio di maggioranza.
  Passando ad altro punto, preferisco il voto di lista piuttosto che il voto alle coalizioni di liste. Ma come, non abbiamo letto in continuazione critiche di coalizioni variegate, tenute insieme soltanto con la finalità di vincere le elezioni, ma poi incapaci di governare, e adesso muoviamo critiche al fatto che si punti al voto di lista anziché delle coalizioni di lista ?
  Le coalizioni di liste, nella recente esperienza politica italiana, hanno chiaramente fallito. Sono state appunto una mescolanza di identità politiche, le più varie, con il solo obiettivo di risultare maggioritarie il giorno delle elezioni, ma poi rendere assai complicato il mandato di legislatura e soprattutto l’azione politica di governo.
  Infine, secondo me è un punto molto importante il rapporto fra questa legge elettorale e la forma di governo. Anche qui, bisogna dire le cose con chiarezza: questa legge elettorale favorisce e valorizza una forma di governo del cosiddetto «premierato», e lo fa a Costituzione invariata. Sappiamo benissimo che la riforma costituzionale non interessa le norme relative alla forma di governo, anche se ovviamente il monocameralismo politico di fatto ha una ricaduta sul piano della forma di governo, ci mancherebbe, ma non va a modificare nulla dall’articolo 94 della Costituzione in poi, cioè appunto la nomina del Presidente del Consiglio, lo scioglimento delle Camere (articolo 88) e quant’altro, e la revoca, che più volte si era prospettato di dare in capo al Presidente del Consiglio.
  Tuttavia, di fatto introduce il premierato, cioè il modello oggi presente nei maggiori sistemi parlamentari europei, quello che fa sì che il cittadino possa con il voto eleggere e dare mandato alla rappresentanza, ma possa designare o investire – ricordo come quello che diceva un maestro del diritto costituzionale, Leopoldo Elia, a proposito della democrazia di investitura – per il tramite del voto il Governo, in modo tale che si sappia quello che è giusto che il cittadino sappia in una democrazia, cioè chi vince le elezioni e chi governa.
  Quindi, secondo me, la finalità della legge ha, tra gli aspetti degni di apprezzamento, il fatto che combini due princìpi difficili da sintetizzare – ma a mio avviso ci riesce e ci riesce bene – cioè rappresentanza e governabilità, e il fatto che consente di valorizzare un sistema di governo, di rafforzamento dei poteri di fatto, e non di diritto, del Presidente del Consiglio, che consentirà ovviamente un’evoluzione del sistema parlamentare attraverso quella formula che in dottrina si chiama neoparlamentarismo, cioè la capacità di guida del Presidente del Consiglio non investito da un voto elettorale, ma designato sulla base del voto elettorale, come funziona in tutte le democrazie europee, Gran Bretagna, Germania, Spagna e via dicendo. Grazie.

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