- La legge e le novità legate alla riduzione del numero
La legge Rosato è piccola perché si presenta come un insieme di modifiche al Testo Unico per la Camera dei deputati del 1957, la grande legge madre del diritto elettorale e al testo unico per il Senato del 1993.
La legge è sostanzialmente identica per Camera e Senato. Identico stavolta è anche il corpo elettorale, dopo che la legge costituzionale ha parificato l’elettorato attivo a 18 anni (legge costituzionale 1/2021). Questo consentirà di misurare meglio anche le diversità di comportamento elettorale a seconda dei candidati perché l’età diversa non inciderà pià
E’ alla sua seconda applicazione, la prima dopo la riduzione del numero dei parlamentari approvata con legge costituzionale 1/2020 (400 deputati e 200 senatori elettivi) e dopo la legge-ponte n. 51/2019.
In origine i 630 seggi Camera erano così distribuiti:232 collegi uninominali, 386 in circoscrizioni proporzionali a cui di aggiungevano 12 eletti all’estero.
Al Senato i numeri erano rispettivamente 116, 193 e 6.
Ora la Camera è eletta sul territorio nazionale in 147 collegi uninominali, 245 in circoscrizioni proporzionali a cui si aggiungono 8 eletti all’estero.
Al Senato i numeri sono 74, 122 e 4.
- Elettori, candidati ed eletti
Dal punto di vista dell’elettore che vota il voto è unico, va ad una lista e si riporta al candidato uninominale collegato a tale lista.
I partiti possono presentarsi da soli (in quel caso ad una lista corrisponde un candidato) o coalizzati (in quel caso a più liste corrisponde un unico candidato. La coalizione deve essere la stessa su tutto il territorio nazionale. Anche in caso di coalizione ogni partito presenta comunque un proprio programma distinto e dichiara chi è il proprio capo politico. La coalizione quindi non ha un simbolo, un programma o un leader in comune, ma solo candidati uninominali comuni. Dove si presentano candidati plurinominali si presentano anche uninominali e viceversa, per questo non sono realizzabili desistenze, ossia casi in cui qualcuno rinunci a presentare candidati uninominali. Gli accordi di desistenza sono possibili solo in quei sistemi nei quali la non presentazione di candidati in alcuni collegi uninominali non comporta automaticamente un danno al risultato della lista nel riparto proporzionale. Ma per far questo serve la possibilità di voto disgiunto, con scheda unica (come in Germania) o con due schede separate (legge Mattarella Camera).
Nella parte proporzionale ci si presenta con liste bloccate corte.
Ci si può presentare per una medesima Camera (non a Camera e Senato insieme) in un collegio maggioritario e in 5 proporzionale. In caso di elezione in entrambi i canali si è considerati eletti nel maggioritario; nel caso di elezione in più collegi proporzionali si è considerati eletti dove la lista è andata peggio in percentuale.
Se l’elettore vota solo il candidato nel collegio uninominale ed esso è collegato a più liste, il voto è spalmato pro quota tra le diverse liste che lo appoggiano. Il sistema è costruito in maniera tale che il totale dei voti attribuiti alle liste e il totale dei voti attribuiti ai candidati ad esse collegati siano identici.
In ogni collegio uninominale è eletto il candidato primo arrivato, con la maggioranza relativa dei voti.
Per la parte proporzionale i seggi sono spartiti tra le liste e le coalizioni che abbiano superato il 3 per cento dei voti. Per la Camera il calcolo è nazionale e quindi la riduzione dei parlamentari non ha sostanzialmente effetti, se non diminuire pro quota i seggi di tutte le liste. Al Senato, invece, siccome il calcolo è regionale, nelle Regioni medio-piccole che hanno pochi seggi c’è un effetto disproporzionale perché si viene a creare uno sbarramento di fatto che si aggiunge a quello nazionale di diritto del 3 per cento: se una Regione è scesa ad esempio da 10 a 7 seggi prima c’era uno sbarramento di fatto del 7-8% (un resto alto rispetto al quoziente pieno del 10) ed ora diventa dell’11-12 (rispetto al quoziente pieno del 14,2).
A parte alcuni sbarramenti regionali che non riportiamo per semplicità, ogni lista sia alla Camera sia al Senato ha uno sbarramento nazionale del 3%, mentre le coalizioni, per essere considerate tali, hanno uno sbarramento nazionale del 10% e devono avere almeno una lista sopra il 3.
Perché conviene essere riconosciuti come coalizione? Perché in quel caso se ci sono liste che hanno preso tra l’1 e il 3%, i loro voti si riversano pro quota sulle altre liste coalizzate che hanno superato il 3%. Invece i voti di chi ha preso in coalizione meno dell’1% sono persi. In pratica nelle coalizioni i partiti maggiori danno ai minori dei collegi uninominali per tentare di assicurare loro un diritto di tribuna, ma possono essere compensati dai voti proporzionali che arrivano da chi supera l’1 ma non arriva al 3.
Nel complesso va rilevato che il tasso di disproporzionalità non è preventivabile perché i due elementi-chiave che correggono la proporzionale (le liste che rimangono fuori dagli sbarramenti) e i risultati nei collegi non sono prevedibili. A seconda di quanti schieramenti siano in campo e dagli scarti quantitativi tra di essi il sistema può oscillare tra due esiti diversi: o l’assenza di un vincitore autosufficiente come nel 2018 o un vincitore che superi il 50% dei seggi anche avvicinandosi al 60%. Non c’è comunque un esito deterministico del sistema come avviene coi sistemi a premio.
- Soglie di sbarramento effettive al Senato che si aggiungono a quelle formali nazionali del 3 (liste) e del 10 (coalizioni).
Per la precisione in Val d’Aosta, in Molise, a Trento e Bolzano non ci sono seggi proporzionali.
Una soglia effettiva di poco più del 3 c’è solo in Lombardia.
Tra il 5 e il 10 i collocano Piemonte, Veneto, Emilia, Toscana, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia e Sicilia.
Tra il 10 e il 15 la Calabria.
Tra il 15 e il 20 Friuli, Liguria, Marche e Sardegna
Sopra il 20 Umbria e Basilicata.
Va comunque sottolineato che l’impatto complessivo di questa sottorappresentazione non p enorme perché nelle Regioni piccole che hanno le soglie implicite più alte vive solo un italiano su 6.
- Il voto all’estero
All’estero si vota con la proporzionale e le preferenze: anche in questo caso la riduzione degli eletti impatta alzando di fatto le soglie di sbarramento nelle varie circoscrizioni.
Dove i seggi sono più di 1, alla Camera, si usa il metodo dei quozienti interi e dei più alti resti (Camera: Europa 3 seggi, America Meridionale 2, America Settentrionale e Centrale 2) le altre ripartizioni funzionano da collegio uninominale maggioritario (alla Camera quella Africa, Asia, Oceania e Antartide, al Senato tutte e 4). Dentro le liste si procede con la graduatoria decrescente dei voti di preferenza.
- I problemi dell’individuazione degli eletti proporzionali alla Camera e il cosiddetto effetto flipper
Mentre al Senato individuare i singoli eletti nel proporzionale è una cosa abbastanza semplice perché ci si ferma al livello regionale (i livelli sono al massimo due: circoscrizione regionale e nelle più grandi più 2 collegi plurinominali o al massimo 3 in Lombardia), alla Camera purtroppo il metodo è più contorto .
il riparto è rigorosamente in ragione proporzionale ma è molto complesso per l’esistenza di tre livelli territoriali successivi:
- quello nazionale;
- quello poi tra circoscrizioni;
- infine nei collegi plurinominali in cui sono suddivise le circoscrizioni.
Il maggior problema è costituito dal fatto che un piccolo partito che prende il 3% o poco più non ha quasi mai i voti per ottenere seggi con quozienti interi e neppure con alti resti in sede circoscrizionale (figurarsi in sede di collegio plurinominale). Ha solo resti molto piccoli. Che succede allora?
Il riparto dei seggi è effettuato dapprima su base nazionale tra le coalizioni e le liste singole ammesse al riparto (livello a).
Poi si procede all’attribuzione dei seggi in sede circoscrizionale (livello b) sulla base dei quozienti interi circoscrizionali e dei maggiori “resti” (rectius delle maggiori parti decimali dei quozienti di attribuzione, non delle cifre assolute).
Ma attenzione: dato che le liste con il 3-4% non hanno quasi mai quozienti interi o “resti” elevati, solitamente nel riparto nelle circoscrizioni risultano “deficitarie”, mancanti, di seggi e scatta un terzo meccanismo di attribuzione dei seggi, quello della compensazione tra liste “eccedentarie” (che ne hanno presi in più) e liste “deficitarie”. In tale meccanismo di compensazione, non è consentito lo slittamento di seggi tra circoscrizioni, ogni circoscrizione deve avere il numero di seggi assegnati in base alla popolazione. Ma di conseguenza le liste piccole ottengono un buon 50/60% dei loro seggi dove non hanno i loro migliori resti ed il c.d. effetto flipper, un inconveniente matematico irrisolvibile: se vuoi evitare che slittino seggi tra le circoscrizioni slittano fatalmente nei partiti.
Dopo di che si passa al livello c), al riparto nei collegi plurinominali di ciascuna circoscrizione, con gli stessi problemi di cui sopra. In tale caso i seggi possono slittare da un collegio all’altro della stessa circoscrizione ma almeno lì viene rispettata la graduatoria dei “resti” di ciascuna lista per evitare un effetto flipper ancora maggiore. Se siete riusciti a sopravvivere fin qui meritereste un premio…